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RACCOLTE & PAESAGGI — il Blog di Marco Celati

Marco Celati

MARCO CELATI vive e lavora in Valdera. Ama scrivere e dipingere e si definisce così: “Non sono un poeta, ma solo uno che scrive poesie. Non sono nemmeno uno scrittore, ma solo uno che scrive”.

GLI ULTIMI - Il senzatetto

di Marco Celati - sabato 02 aprile 2016 ore 10:53

Era comparso. Dormiva sotto il colonnato del Duomo, ingolfato da maglie, intabarrato in un giaccone, in testa uno zuccotto di lana blu. Un barbone, così li chiamiamo. I francesi dicono clochard, sembra più gentile. Un senzatetto, insomma.

Si sdraiava su dei cartoni che riponeva da qualche parte e con il buio tirava fuori. L'inverno era incipiente. Mangiava alla mensa della Misericordia, chiedeva con garbo un po' di carità. I poveri li avete sempre con voi, ma non sempre avete me.

I bravi parrocchiani non gradivano, infatti. Davanti alla chiesa dei Santissimi Apostoli Pietro & Paolo, dopo la messa della Domenica, quando in provincia si fa il bagno e ci si veste bene, non era un bel vedere, né un bel sentire. Beati gli ultimi, se i primi son discreti.

Il parroco, Don Renzo, me lo diceva: vedi anche i preti sono come tutti. I partiti non ci riguardano, ma anche fra noi ce ne sono di centro, di destra e di sinistra, se ancora vuol dire qualcosa. Così è il popolo cristiano. Comunque a questo povero Cristo dobbiamo trovare una sistemazione. Per lui. Non possiamo lasciarlo così, morirà di freddo.

Il parroco era un buon sacerdote e una brava persona. Ora che non c'è più e sarà volato dal suo Dio, così mi piace ricordarlo e non mi piace dire prete, anche Don Renzo lo diceva scherzando, ma a me non è mai piaciuto e credo nemmeno a lui. Preferisco sacerdote, prete è dispregiativo. Come politico, come negro, come finocchio.

Una sera, quando il barbone stava già sistemando i suoi cartoni nel porticato andammo da lui. Quando ci vide arrivare si alzò un po' sorpreso, forse spaventato. Si tolse lo zuccotto: era calvo e con una grossa ciste rotonda sul cranio, come un grosso bernoccolo, che lo rendeva ancora più patetico e inguardabile. Ma era una persona dignitosa, si presentò, porse la mano.

Come sta?

Insomma.

Perché dorme qui?

Non ho casa.

Ma non ha freddo?

Sì.

Non lavora? Vive così?

Mi piace così.

Ma che vita è?

Non è male come sembra.

E se le troviamo un posto al coperto?

Non so.

Parlava poco, sembrava più abituato ai silenzi, ma aveva modi gentili. Sentimmo il Comune e gli trovammo un posto letto nella casa per anziani. Non gli chiedemmo la sua età, ma sembrava vecchio, sicuramente più vecchio degli anni che aveva. Un'assistente sociale, molto motivata, si prese cura di lui.

Si rimise in sesto: ripulito, rasato, sembrava un altro uomo. Ci ringraziò. Veniva dal settentrione, aveva avuto casa, lavoro e famiglia, una moglie, dei figli. Aveva lasciato tutto e tutti e se n'era andato, forse li aveva dimenticati, forse loro avevano dimenticato lui. Non disse mai perché. Non aveva vizi o colpe o storie particolari. Non era un ubriacone. Aveva deciso così. Di andare via, di vivere all'aria aperta. Libero, a suo modo libero. Senza impegni e responsabilità, senza avere e senza dare, senza diritti e senza doveri. Girava da un posto all'altro, dove la vita lo portava, non aveva più nessuno, lui stesso era divenuto nessuno. Il cielo era il suo tetto, il mondo la sua casa.

L'assistente sociale era contenta del suo inserimento, ma lo sapeva, mi disse: tempo al tempo e lo vedrai, non regge.

Infatti fu così: un giorno sparì, portò via le sue cose dentro lo zaino che teneva in camera, nella casa per anziani e se ne andò via. Non se ne seppe più nulla, non lo vedemmo più. Riprese la sua vita che non era la nostra vita. Non so se ancora vive da qualche parte, se dorme davanti a qualche chiesa o dentro le stazioni o per le strade di qualche piccola o grande città, avvolto nei suoi cartoni. Non ricordo il suo nome. Lo disse chi era. Sono stronzo io che non lo ricordo, stronzo e smemorato. Forse sarà colpa di quel tedesco che mi hanno detto: un certo Alzheimer. Forse sono distratto delle persone. Ma quella risposta me la ricordo, perché fu stupefacente: la vita non è male come sembra.

Marco Celati

Pontedera, 17 Gennaio 2016

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Il racconto, come quelli che seguiranno della miniserie "Gli ultimi", descrive un fatto vero. "I poveri li avete sempre con voi, ma non sempre avete me" è un passo che non ho mai capito bene, tratto dai Vangeli di Marco e Giovanni. Le frasi "la vita non è male come sembra" e "tempo al tempo e lo vedrai" sono due suggestioni ricavate la prima da un film, "Dreamgirls" e la seconda da una canzone di Paolo Conte, "Sparring partner". Sono dunque inserite come citazioni evocative. Ma è lecito confidare nel meglio dell'esistenza e tutti siamo un po' sparring partner nel ring della vita: sicuramente lo sono gli ultimi e che la vita mi piace così, l'uomo che aiutammo lo disse veramente.

Marco Celati

Articoli dal Blog “Raccolte & Paesaggi” di Marco Celati