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martedì 19 marzo 2024

SORRIDENDO — il Blog di Nicola Belcari

Nicola Belcari

Ex prof. di Lettere e di Storia dell’arte, ex bibliotecario; ex giovane, ex sano come un pesce; dilettante di pittura e composizione artistica, giocatore di dama, con la passione per gli scacchi; amante della parola scritta

Decadenza e declino

di Nicola Belcari - domenica 12 giugno 2022 ore 08:00

Sembra proprio, questo nostro, il tempo dell’esaurirsi di una civiltà o almeno la fase discendente di quella parabola “naturale” di crescita, acme, declino.

Se un mondo, dal passato glorioso, tramonta ciò avviene anche e soprattutto perché pratica una sorta di “annientamento” di sé. La spinta di forze esterne non è di solito in assoluto determinante; poi una civiltà diversa s’imporrà o ne nascerà una nuova dalla lenta fusione con quella preesistente (e non sarà indolore).
I segnali ci sono: vari e rilevanti.La crisi è economica (produciamo poco e importiamo), finanziaria (il debito è incontenibile), politica (cattivo funzionamento delle istituzioni), sociale (corruzione e attività delinquenziali prosperano, mancanza di opportunità per i giovani, invecchiamento della popolazione). Si potrebbe continuare l’elenco ma lasciamo agli esperti questi aspetti fondamentali.

Per noi, al nostro sguardo sofferente si offre grave lo spettacolo di una spaventosa “crisi dei valori”. Se la percezione di un degrado è netta, è altrettanto complicato descriverlo e comprenderne le manifestazioni e le cause.

I valori di un tempo non erano così positivi o realmente vissuti o senza controindicazioni, altrimenti non si sarebbero affievoliti o spenti. Quel che sta avvenendo è l’infiltrarsi di concezioni esistenziali, che si concretizzano in comportamenti aberranti o irrazionali, modi di vita scorretti, in un “vuoto di valori”, in una carenza di riferimenti. Queste “filosofie” di fatto, più o meno coscienti, hanno tanti nomi: nichilismo, edonismo, consumismo, difetto di cultura profonda e di gusto, mito del successo, divinizzazione del denaro, perversioni e disordine sessuale spacciato per libertà, spirito di sopraffazione e prevaricazione dell’altro, insufficiente senso etico, ecc.

In questo abisso per l’Uomo che è la Libertà, egli si perde. Quella che sceglie o si trova costretto a scegliere non sempre è vera, a volte ne è un feticcio, una parvenza. Con quel po’ di libertà autentica che va sprecata.

Dall’industria del divertimento e dell’intrattenimento, dell’organizzazione del tempo libero, ci viene l’esempio di uno scenario proposto avvilente. Programmi tv cloache a cielo aperto, spettacoli degradanti o miseramente diseducativi. Quando ne capita uno apprezzabile può migliorare l’insieme come un fiore in una stalla, il profumo di un giglio in una concimaia.
Potrebbe venire il dubbio, perdonateci, che essere progressisti vada bene nella fase di crescita, da assecondare, e che invece nella fase discendente sia utile essere conservatori. È arduo poi distinguere nel senso della fine il declino personale: la vecchiaia chiarisce, per lungimiranza e possibilità di confronti, ma confonde con la debolezza e la consapevolezza dell’approssimarsi della morte.

Abbiamo un ideale? Vivere alla giornata alla lunga stanca.

Noi uomini, ormai da generazioni, abbiamo smarrito la semplice virtù di essere uomini, la nobiltà del nostro compito nella quotidianità, il senso non esplicito ma presente dell’agire.
Le donne hanno ancora quella “femminilità” che le distingueva e le rendeva più belle degli uomini? Noi provenienti dal popolo non sappiamo se mai c’è stata, siamo testimoni d’una sana rozzezza contadina. Oggi, troppo spesso, le giovani copiano la volgarità dei ragazzi o s’atteggiano in maniera leziosa e artefatta. L’insieme di cultura, gusto, elegante compostezza, è un dono che s’anima solo nella naturalezza e spontaneità; non può essere né studiato, né essere ricercatezza stucchevole.

Uomini giovani, feroci di gioventù, prenderanno il nostro posto. Donne orgogliose e oneste saranno le future madri di una nuova civiltà, che sorgerà e vivrà tra le rovine di quella al tramonto, le vestigia che resteranno come le pietre delle chiese.

Nicola Belcari

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