Il “Presidente” (e con lei gli italiani) ha una bella faccia tosta
di Adolfo Santoro - sabato 05 agosto 2023 ore 08:00
Il 70% dei “meloni” della Val di Cornia non ce la stanno facendo a diventare un frutto maturo a causa della durezza del suolo, dovuta all’”ebollizione climatica” conseguente all’alternarsi di piogge torrenziali e siccità.
A livello della politica, invece, la Meloni continua a spacciare la sua faccia da Lorella Cuccarini, la “più amata dagli italiani”, come la cucina da lei propagandata. È vero: la Meloni era pronta a governare! Sicuramente si era preparata con corsi di inglese e con corsi di recitazione, in cui ha imparato le pause ad effetto: dal sodale B. ha imparato la recita politica della “faccia tosta”, dove tutto è il contrario di tutto.
Che la politica sia una recita alla Franco e Ciccio, del resto, lo dimostra il gioco delle parti nelle uscite pubbliche di Salvini/Giambruno e Meloni. I primi interpretano il ruolo dell’ecologista becero: Salvini invoca il disboscamento delle montagne per costruire le dighe per l’accumulo dell’acqua (ma la deforestazione non è una delle cause dell’ebollizione climatica?) ed esclama alla sua spalla, il giornalista (?) Capezzone: “quando vedi i ghiacciai che si ritirano anno dopo anno, poi studi un pochino di storia e capisci che sono cicli, bisogna provvedere, senza però che questo danneggi la presenza e la sopravvivenza umana”; il giornalista “per merito”, “compagno” della Meloni, ha espresso, nello stile di B. che proponeva un ruolo di kapò all’allibito deputato socialdemocratico Schulz davanti al Parlamento europeo, la sua rabbia contro l’odiato tedesco.
La Meloni sta invece cercando di interpretare il ruolo della “Destra ecologista”, che, a parole, afferma: “Non siamo negazionisti climatici”; sarà credibile solo quando avrà, coerentemente abiurato all’invio delle armi in tutto il “globo terracqueo” (che di per sé nuocciono gravemente al Pianeta), quando avrà intrapreso azioni di pace, quando avrà rotto la complicità con i peggiori inquinatori del “globo terracqueo”, a cominciare da Trump, da Bolsonaro e dalla destra anti-ecologista europea (come la polacca Piattaforma Politica, la spagnola Vox, la tedesca Alternative für Deutschland, l’olandese Movimento Civico Contadino, la greca Alba Dorata). Fino ad allora sarà solo una negazionista mascherata.
Uno studio sul negazionismo climatico (Discourses of climate delay), effettuato nel 2020 da William F. Lamb, Giulio Mattioli ed altri, ha notato che ai tre pilastri tradizionali del negazionismo (la totale negazione della realtà o della causa umana del cambiamento climatico, lo scetticismo sull’impatto climatico, gli attacchi personali a scienziati e al consenso scientifico) si è aggiunto un quarto pilastro: i discorsi “ritardanti” incentrati sulla politica, che sfruttano le discussioni contemporanee su quale azione dovrebbe essere intrapresa, quanto velocemente, chi ha la responsabilità e dove dovrebbero essere allocati costi e benefici. Questi discorsi “ritardanti” riguardano l’individualismo, l’ottimismo tecnologico, il greenwashing dei combustibili fossili e gli appelli alla giustizia sociale e ai costi economici. Lo studio ha catalogato i discorsi “ritardanti” in quattro categorie.
Una prima categoria tende a “reindirizzare la responsabilità”. In questa categoria sono individuati tre ambiti, che denotano l’infantilismo delle istituzioni mondiali:
a) la Yale University afferma che la radice del cambiamento climatico non è l’estrazione dei combustibili fossili, ma il loro consumo da parte dei singoli individui e, nello stesso senso, la British Petroleum ha condotto una campagna di successo sull’impronta climatica individuale; la colpevolizzazione del singolo cittadino è stata portata avanti anche dallo “scienziato” Roberto Cingolani (ai tempi in cui era Ministro, grazie all’approvazione di Beppe Grillo, mentre ora è consulente per le politiche energetiche del governo Meloni), che, con dati falsi, affermava che il comparto digitale è responsabile del 4% delle emissioni di CO2 (!), di cui una buona metà deriva dall’uso smodato dei social (!); lo stesso “scienziato”, sempre con dati falsi, colpevolizzava i cittadini che non si potevano comprare un’auto nuova; a parte i dati falsi, tutti costoro dimenticano che, se è vero che la responsabilità del complesso dei singoli cittadini ammonta al 25% della responsabilità complessiva, il restante 75% riguarda lo Stato e le Imprese;
b) i tre principali Paesi che emettono CO2 sono Cina, USA e India: l’alibi diventa: “dovrebbero smettere prima loro”; ci si chiede se l’”ecologista” Meloni parli nei suoi incontri con Biden e con il primo ministro indiano, Modi, solo di armi e di guerra e se nel corso degli incontri dello scorso maggio per il G7 abbia ricordato che i Paesi del G7, tra cui l’Italia, continuano a finanziare massicciamente, all’estero, le centrali a carbone e l’estrazione del carbon fossile;
c) secondo il discorso del “free rider”, altri trarranno vantaggio attivamente da coloro che guidano la mitigazione del cambiamento climatico: “se domani smettessimo del tutto di emettere, non solo non avrebbe alcun impatto ma indubbiamente altri paesi aumenterebbero semplicemente le loro emissioni” (Josh Manuatu del Liberal Party australiano) … “l’accordo di Parigi è meno incentrato sul clima e più su altri paesi che ottengono un vantaggio finanziario rispetto agli Stati Uniti” (Donald Trump); interpreti di questo discorso sono stati anche Nigel Farrage (il politico britannico di destra, fautore della Brexit e sodale di Beppe Grillo ai tempi in cui quest’ultimo aveva – in modo nefasto - voce in capitolo), industriali, settori (come le organizzazioni dei trasporti che pretendevano che fossero prima gli agricoltori a ridurre le loro emissioni di CO2 o come, appunto, gli agricoltori e gli allevatori di bestiame, che si sentono presi di mira dai dati circa le conseguenze sull’ambiente delle loro attività economiche), Salvini (“Si chiede agli imprenditori italiani di rispettare norme sul tema dell’ambiente e della sostenibilità. In Cina e in India non viene rispettato nulla di tutto ciò.”), Meloni (che ha prorogato al 2024 l’applicazione, prevista dal governo Conte, della “Plastic Tax” – oltre che della “Sugar Tax”, che si occupa delle bevande edulcorate – dicendo “Cina e India contribuiscono per l’80% allo sversamento di plastica in mare, percentuale nettamente superiore rispetto ai Paesi europei”).
Una seconda categoria tende a “promuovere soluzioni non trasformative”, soluzioni inefficaci, che distolgono l’attenzione da misure più sostanziali ed efficaci. L'ottimismo tecnologico è un ottimo esempio: il progresso tecnologico porterebbe rapidamente a riduzioni delle emissioni in futuro. Questo discorso ha molte varianti, dal propagandare i recenti progressi nello sviluppo delle energie rinnovabili, alla promozione di “miti” tecnologici che non si manifestano nei tempi promessi e tendono a essere sostituiti da nuovi (ad esempio, aerei a zero emissioni di carbonio, energia da fusione nucleare, diretta cattura di gas serra), a suggerimenti ancora più vaghi, secondo cui “l'ingegnosità umana è infinita”, anche se le risorse della Terra non lo sono. Ne consegue che
a) il progresso tecnologico non viene regolamentato, ma viene ciecamente favorito solo da incentivi basati sul mercato;
b) l’affermazione dello “scienziato” Cingolani: “Sono assolutamente certo, ci metterei la firma, che la fusione nucleare sarà la soluzione di tutto”;
c) la fiducia nel nucleare (la crisi del Niger, settimo produttore mondiale di uranio, avrà indotto a riflettere che è rischioso affidarsi come fonti di energia a Paesi politicamente instabili?);
d) l’inutilità di aver inserito nella Costituzione “la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi”; e) la promozione pubblicitaria da parte dell’American Petroleum Institute, secondo la quale ci sarebbero combustibili fossili “più puliti”, come il gas “naturale”!
Una terza categoria enfatizza gli aspetti negativi: l’azione per il clima comporterebbe un onere ancora maggiore per la società rispetto alle conseguenze dell’inazione; per costoro una seria politica climatica comporterebbe potenziali effetti sociali, come la minaccia dell’occupazione, le prospettive di consumi ridotti, la prosperità generale e gli “stili di vita”, in particolare per i soggetti a basso reddito, per le comunità emarginate e per le nazioni in via di sviluppo. È la mistificazione dell’ILVA di Taranto (“Volete il lavoro sicuro o volete il rischio di ammalarvi di cancro?”) o di Draghi “Preferiamo la pace o i condizionatori accesi?”). Per l’ineffabile Salvini la plastic tax “non aiuta davvero l’ambiente, non è decisiva per l’erario e danneggia un settore strategico in cui l’Italia è leader” perché metterebbe a rischio 20.000 posti di lavoro e raddoppierebbe il costo dell’acqua minerale; per David J. O’Donnell (direttore associato, Massachusetts Petroleum Council) “se l'uso di combustibili fossili dovesse finire domani, le conseguenze economiche sarebbero catastrofiche (la fame seguirebbe, ad esempio, quando i serbatoi di carburante dei trattori si esaurirebbero)”; sempre lo “scienziato” Cingolani dichiarava che la transizione ecologica potrebbe essere un “bagno di sangue” (il bagno di sangue sta, invece, avvenendo grazie all’inflazione secondaria alla mancanza di adeguate misure ecologiste e ai guerrafondai).
Una quarta categoria incoraggia ad “arrendersi”, perché, secondo un articolo di opinione del New York Times, “Per smettere completamente di emettere carbonio di scarto entro i prossimi 5 o 10 anni, dovremmo radicalmente riorientare quasi tutta la produzione economica e sociale umana, un compito difficilmente immaginabile, tanto meno realizzabile…, per cui qualsiasi azione che intraprendiamo è troppo piccola, troppo tardi”, mentre un altro articolo di opinione del New Yorker rincara la dose: “L’apocalisse climatica sta arrivando. Per prepararci, dobbiamo ammettere che non possiamo impedirlo.”. Ne conseguono la paura e uno stato paralizzante di shock e rassegnazione, per cui bisogna affidare il nostro destino anele "mani di Dio".
C’è un’alternativa a questi discorsi? Buddha direbbe che in tutte queste mezze figure manca l’etica, che per lui era costituita da a) saggezza, b) badare alle conseguenze negative di pensieri/parole/azione/mezzi di sostentamento, c) concentrazione nell’agire momento per momento. Le mezze figure della politica internazionale ed italiana, che non conoscono chi sia Gregory Bateson, si concentrano sulle conseguenze dei disastri senza avere una visione della complessità, che tiene conto della radice dei problemi. Senza una visione sistemica, creano solo la divisione propria delle discussioni e non discriminano la specificità dei problemi di ogni realtà territoriale, propria dell’economia circolare. Sanno solo fare interventi a pioggia … ma, purtroppo, la pioggia si sta trasformando in tempesta!
Se l’Europa avesse una mente buddhista comprenderebbe che, poiché è priva di minerali e terre rare, dovrebbe puntare
a) sulla responsabilizzazione di Stato, Imprese e Cittadini,
b) sull’investire in ricerca finalizzata alla costruzione di pannelli fotovoltaici indipendenti dal silicio, come le biomasse, ricavate dai rifiuti organici,
c) favorire la pace nel mondo, in modo da essere promotrice, all’interno dell’ONU, della fine del capitalismo finanziario e dell’inizio di una nuova era di uguaglianza tra Paesi.
Ma questa visione è ostacolata dai “rumori di fondo”.
Adolfo Santoro