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Politica venerdì 28 giugno 2019 ore 14:45

Anvm, "Non serviva l'operazione Brassard"

Sbarco delle truppe francesi all'Elba 1944 (foto da wikipedia)

lI presidente dell’associazione nazionale vittime delle marocchinate, Emiliano Ciotti, replica all'Anpi Elba per fare alcune precisazioni



ROMA — L'intervento della sezione Anpi (associazione nazionale partigiani d'Italia) dell' Elba sul caso della Sea Watch 3, facendo una connessione alla liberazione dell'Elba nel 1944 e indirettamente all'operazione "Brassard" fa di nuovo discutere. 

Dopo la replica di una testimone che ha fatto riferimento ai fatti violenti e tragici accaduti all'Elba e legati all'operazione "Brassard", ad opera di truppe composte anche da soldati provenienti da nord Africa e Senegal, sotto il comando francese, e dopo la risposta dell'Anpi, interviene infatti anche Emiliano Ciotti, presidente dell’Associazione nazionale vittime delle marocchinate - Anvm (si veda gli articoli correlati).

Qui di seguito pubblichiamo l'intervento di Emiliano Ciotti.

"Egregio Direttore,

abbiamo seguito a distanza la polemica, innescata da un comunicato stampa dell’anpi elbana, che collega la vicenda della nave 'Sea Watch' allo sbarco sull’isola d’Elba delle truppe coloniali francesi, nell’ambito dell’operazione 'Brassard', che costerà tanto dolore alla popolazione civile elbana.

È bene ripercorrere brevemente questa vicenda. La sera del 17 giugno 1944, una spedizione di 17.400 uomini, in maggioranza marocchini e senegalesi, sbarcò sull’isola toscana che era difesa da un esiguo contingente italo-tedesco di circa 2000 soldati che resistette appena due giorni. Lo sbarco era assolutamente inutile. Infatti, con l’avanzata del fronte sulla terraferma, l’isola d’Elba sarebbe stata evacuata dalle truppe germaniche, senza spargimenti di sangue e combattimenti.

Invece, gli alti Comandi francesi imposero l’operazione e mandarono al massacro le truppe coloniali, le quali, una volta messo piede sull’isola si abbandonarono a violenze di ogni genere sulla popolazione civile che si prolungarono fino a due giorni dopo la resa dei difensori italo-tedeschi.

I senegalesi del 4° e del 13° Reggimento Tiratori e i marocchini del 2° Raggruppamento Tabors, misero a ferro e fuoco in particolare le località di Marina di Campo, Procchio, Capoliveri, Portoferraio e Porto Longone, oggi Porto Azzurro. I carabinieri reali, in un rapporto del 21 settembre 1944, sottoscritto personalmente dal comandante generale dell’Arma Generale Taddeo Orlando, accerteranno 191 stupri su donne, 20 tentativi di violenza carnale su donne e uno su un bambino, 11 omicidi e migliaia di furti e rapine. Anche la piccola isola di Pianosa subì lo stesso trattamento: su una popolazione di circa 150 persone, si contarono due tentativi di violenza, dieci rapine, razzie di bestiame e il saccheggio di tutte le abitazioni.

A Portoferraio la giovane moglie di un operaio fu stuprata da sei senegalesi, mentre una giovanetta che a Porto Longone acclamava i “liberatori” fu violentata da un gruppo di marocchini e analoga sorte subirono una settantenne e un bambino di otto anni.

Diversi uomini pagarono con la vita il tentativo di difendere l’onore e l’integrità fisica di mogli e figlie: a Capoliveri un padre che tentò di opporsi alla violenza sulla figlia, poi ugualmente stuprata dopo l’omicidio del genitore, e un padre anche a Portoferraio; a Portolongone due mariti che tentarono di difendere le loro mogli; a Campo d’Elba altri due uomini ebbero la stessa tragica sorte e un uomo perse la vita mentre cercava di impedire il saccheggio della propria casa; a Portoferraio due uomini furono uccisi mentre tentavano di raggiungere la propria abitazione per recuperare dei generi alimentari e un giovane studente fu ucciso da un sottufficiale corso irritato dal pianto della madre del ragazzo. Tutte le caserme dei carabinieri furono saccheggiate e così moltissime abitazioni private. Sottufficiali e Carabinieri vennero percossi e derubati di portafogli e orologi. Furono razziati 31 bovini, 23 suini, 46 ovini, 569 conigli e 675 polli e asportati 33.587 litri di vino.

La popolazione, sentendosi in balia della soldataglia francese, abbandonò le proprie case e si ritirò sulle montagne, discendendone solo 25 giorni dopo al momento del reimbarco del contingente francese. Molte donne si rivolsero ai medici per abortire dopo le violenze subite dai marocchini e dai senegalesi I fatti dell’isola d’Elba ebbero una grande risonanza negli alti comandi alleati e costrinsero i francesi a prendere decisi provvedimenti disciplinari: diversi senegalesi furono fucilati e due comandanti di corpo destituiti dagli incarichi.

Circa 700 soldati della RSI, quasi tutti giovanissimi e richiamati di leva, fatti prigionieri sull’isola furono trasportati in Corsica, spogliati degli abiti e delle scarpe, depredati dei loro oggetti personali e subirono atti di libidine da parte dei carcerieri magrebini. Prigionieri in Corsica furono anche gli agenti del carcere di Pianosa e una dozzina di civili.

Egregio Direttore,

fin qui la ricostruzione, effettuata dai nostri ricercatori storici consultando numerosi documenti d’epoca, della tragedia vissuta dalla popolazione elbana. Abbiamo anche letto la risposta della gentile signora Nannini e la contro risposta dell’Anpi. Quest’ultima lettera è una pezza peggiore del buco, poiché il sodalizio partigiano mescola vari eventi. Per una questione di chiarezza è bene ricordare che l’affondamento del piroscafo 'Sgarallino' venne effettuato da un sommergibile inglese il 22 settembre 1943, circa 300 le vittime, alle quali vanno aggiunti ad esempio i 56 morti e 60 feriti del bombardamento effettuato il 19 marzo 1944 da 36 aerei alleati.

La ringrazio per l’ospitalità concessa".

Emiliano Ciotti, presidente dell’Associazione nazionale vittime delle marocchinate - Anvm


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