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Sui sentieri di Paul Klee all'Elba

Villa Ottone (Antonello Marchese)
Foto di: Antonello Marchese

Antonello Marchese, guida Parco e fotografo naturalista ripercorre i sentieri e la storia affascinato l'artista Paul Klee in vacanza sull'isola



ISOLA D'ELBA — Antonello Marchese, elbano e cosmopolitano, per citare il termine con cui Sebastiano Lambardi indicava nel 1700 gli abitanti di Portoferraio, è laureato in lingue e letterature straniere. Guida turistica, guida ambientale escursionistica e guida ufficiale del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano accompagna sin dai primi anni ’90 sui sentieri dell’isola alla scoperta dei paesaggi, della natura e della storia isolana; giornalista pubblicista e fotografo ha illustrato e valorizzato, con testi e immagini, la bellezza del territorio elbano, delle isole e del mare toscano, mettendone in evidenza gli aspetti storici, culturali e naturalistici.

Antonello Marchese

Ha al suo attivo, oltre a numerose collaborazioni con foto e testi a riviste locali e nazionali, la realizzazione di diversi libri e guide illustrate sull’Elba e sull’Arcipelago. Tra queste sono Isola d’Elba, Spiagge (Spot Line Editrice, Portoferraio, 2003); Isola d’Elba e Arcipelago Toscano (Spot Line Editrice, Portoferraio, 2005); Elba, fascino di un’isola (Spot Line Editrice, Portoferraio, 2007), la realizzazione dei reportage fotografici del libro Giardini nell’Isola d’Elba (Olschki Editore, Firenze, 2006), il volume di divulgazione naturalistica Balene all’Elba (Sempre Editrice, Firenze 2010), Piante della costa dell’Arcipelago Toscano (Parco Nazionale Arcipelago Toscano, Portoferraio, 2012); Portoferraio, porto sicuro nella storia della Toscana (Aska Edizioni, Firenze, 2013). Con Laura Jelmini e Lilla Mariotti ha pubblicato Fari di Toscana (Debatte, Livorno, 2011). Per la casa editrice Logisma ha già realizzato Lo Schiopparello e altri racconti (2015) e Appunti Elbani (2020).


Sui sentieri elbani con Paul Klee

Appunti sull’esperienza isolana del celebre artista tedesco

di Antonello Marchese 


Parte I


Nel settembre del 1926 il pittore tedesco Paul Klee, uno dei maestri della pittura del Novecento, teorico ed esponente attivo dell’astrattismo moderno e del movimento Bauhaus di Weimar, visitò l’Elba dove rimase per una vacanza di diversi giorni. Giunto in treno da Dessau, Berna, Milano e Genova era partito con la nave postale da Livorno la mattina alle 8 del giorno giovedì 9 settembre per arrivare all’Elba nel pomeriggio alle 16 e 40. La traversata era avvenuta sul piroscafo Guerrazzi, una nave di sole 600 tonnellate per una cinquantina di metri di lunghezza: quasi una mini crociera - una piccola avventura se paragonata ai viaggi con i moderni traghetti - che toccava le isole settentrionali dell’arcipelago quali la piccola ma montuosa Gorgona raggiunta alle 10 e la brulla Capraia toccata poco prima dell’una.

Poi la navetta dalla tagliente prua verticale d’acciaio, scheggia affilata di modernità, con un fresco vento settentrionale e un po’ di onda che faceva dondolare il piroscafo in un mare che, per il resto, sembrava ancora quello del mito di Ulisse e degli Argonauti, aveva proceduto fumante e decisa verso la mole del Monte Capanne per raggiungere all’inizio del pomeriggio Marciana Marina dove Klee, ancora a bordo, aveva avuto il primo contatto con il vario paesaggio isolano. La vetta del monte che dominava l’isola appariva grigia e priva di vegetazione, ma subito sotto una fascia verde di fitti boschi, interrotti solo dai colori caldi di due piccoli paesi, copriva i fianchi del rilievo; sotto ancora un altro livello era rappresentato dai terrazzamenti vignati di un verde più tenue, come tanti gradini, quasi dei giardini pensili, che arrivavano a lambire il mare. Espletate le operazioni di sbarco e imbarco, carico e scarico, che avevano lasciato all’artista il tempo di osservare lungo la linea di costa l’armonica linea di edifici colorati che rappresentavano la marina di Marciana, il postale era ripartito alla volta del capoluogo isolano permettendo ai passeggeri la visione della movimentata morfologia costiera, del promontorio dell’Enfola e delle bianche scogliere di eurite fino alla spiaggia delle Ghiaie. 

A Portoferraio li aspettava ancora un trasferimento per raggiungere Villa Ottone, sull’altro versante della baia, dove avrebbe soggiornato per circa tre settimane. La sontuosa struttura situata in una delle zone più panoramiche del golfo era stata costruita nella seconda metà dell’‘800 dalla marchesa Altoviti Toscanelli per curare con l’aria e il clima elbano il figlio Giovan Battista, malato di tubercolosi. Successivamente, nel 1925, quindi poco prima della visita dell’artista, la villa era stata trasformata in una residenza turistica. L’artista tedesco vi si sarebbe recato probabilmente con una delle imbarcazioni a remi e a vela che attraversavano il golfo permettendo gli spostamenti su un’isola a due velocità, con parte della città di Portoferraio caratterizzata già dai ritmi industriali e incessanti degli altiforni, mentre il resto del territorio sonnecchiava in un antico torpore in cui dominavano ancora i ritmi della Natura e il tempo era scandito dal battere degli zoccoli degli asini sui sentieri e dal rumore delle zappe sui terrazzamenti vignati.

Un fresco vento di grecale, che già aveva accompagnato il piroscafo Guerrazzi dalla partenza labronica e nel periplo dell’Arcipelago, avrebbe reso abbastanza avventuroso il trasferimento all’Ottonella con un piccolo veliero. Due sono le immagini fotografiche più celebri a cronaca di questo viaggio d’altri tempi: uno scatto che ritrae Klee spettinato dal vento sul ponte del piroscafo Guerrazzi, alla fine della vacanza, quando la nave diretta a Piombino si trovava, con un mare discretamente mosso, più o meno tra Capo Vita e Monte Grosso e un’immagine che mostra l’artista in accappatoio sulla spiaggia antistante la grande villa Toscanelli.

Oltre a queste mie note altri autori hanno trattato in vari articoli la presenza di Paul Klee all’isola tra i quali Italo Bolano, Giuliano Giuliani, Federica Franceschini e Nilo Pucci: ed è proprio Nilo Pucci (Cfr. Lo Scoglio n. 9 primavera 1986) a sottolineare che l’artista è l’ennesimo viaggiatore nordico sul cammino dei wanderer romantici, sulle orme di Goethe, di Heinse, Heine e Nietzsche. Il viaggio per lo più svolto a piedi, in compagnia e spesso in solitudine è una via dell’immaginazione verso un mondo ideale, una ricerca del luogo mitico dell’origine del sapere lontano dalla realtà più ordinaria superficiale e materialistica, sotto l’influsso anche di quel desiderio di riappropriarsi di un contatto con l’ambiente naturale tipico del Romanticismo, che ritroviamo in Eichendorff: 

A chi Dio vuole mostrare una giusta benevolenza, /Quelli lui manda nel vasto mondo, A quelli lui vuole far conoscere le sue meraviglie/ Nelle montagne e nei boschi e nell'acqua e nei campi … da “Vita di un perdigiorno” di Joseph Freiherr von Eichendorff.

Sicuramente è una consuetudine più nordica della nostra quella dei viaggiatori escursionisti a piedi, tra i quali anche i cosiddetti pedestrian tourists inglesi, tra i quali illustri letterati, tradizione rappresentata in Gran Bretagna da Thomas West autore di una celebre guida ai sentieri del famoso Lake District, e i poeti e letterati William Wordsworth e Samuel Taylor Coleridge. E così sarebbe stata la volta di Klee all’Elba, come lo ha definito il compianto Italo Bolano, “esploratore magico” (Cfr. Lo Scoglio n. 36, Primavera 1993) sull’isola dove cammina per respirare a pieni polmoni la luce e i colori, come faceva nei suoi viaggi in Italia e lungo il Mediterraneo, giunto da una terra dove le tonalità erano sicuramente più attenuate e fredde: un’esperienza fondamentale per chi aveva fatto del colore la propria vita tanto da dire … Il colore mi possiede, non ho bisogno di cercare per afferrarlo. Mi possiede per sempre, lo sento. Questo è il senso dell’opera felice: io e il colore siamo tutt’uno; sono un pittore…

Un’interessante mostra “1926, Storia di un viaggio all’Isola d’Elba”, relativa all’esperienza elbana di Paul Klee a cura di Alois Eckhard e Gian Mario Gentini, è stata presentata nell’estate del 2012 dal Circolo Culturale Le Macinelle, prima nella Saletta dei Cristalli di San Piero e poi a Portoferraio nella sala della Gran Guardia. 

Un vivo dibattito ha avuto luogo il 30 luglio dello stesso anno in occasione della rassegna culturale “Nonsoloarte” a cura dell’associazione ArteElba e dell’artista Francesca Groppelli. Nel 2013 anche Giampiero Palmieri ha dedicato una mostra a Klee, realizzando una raccolta fotografica con 40 immagini per documentare il suo viaggio in Italia e all’Elba del 1926.Per ricostruire alcune impressioni quel soggiorno di quasi tre settimane, una vera vacanza dell’artista la cui mente si ristorava nella natura e nei colori isolani, possiamo usare la documentazione lasciata dal dottor Alfred Schroth, altro ospite tedesco quasi contemporaneo, che visitò l’isola nel 1929, anche lui ospite a Villa Ottone, presso i Magazzini di Portoferraio. Il racconto della sua vacanza all’Elba era apparso nel 1930 sulla rivista tedesca Besondere Beilage e poi tradotto da D. Giovannini sulle Pagine Elbane di Sandro Foresi nel 1932. Ricordo che l’esperienza di questo appassionato turista di quasi un secolo fa è stata anche attentamente analizzata da Maria Gisella Catuogno nel numero 82 de Lo Scoglio pubblicato nella primavera del 2008.Anche Schroth era giunto in battello ai Magazzini e all’Ottonella, e il barcaiolo che lo aveva accompagnato viene definito “amico perfetto”. Il luogo di vacanza, l’Ottonella è … bellissima, cintata da alti eucaliptus, fiorenti tigli, svettanti palme da datteri e sognanti mimose. Guardando dalla terrazza il mare infinito, ogni tristezza scompare nell’anima, ogni gretteria di vita di tutti giorni ci abbandona e noi ci tuffiamo in una spiritualità tutta ideale. 

L’ora del tramonto non si può dimenticare: il sole cala nella sella di Portoferraio e un raggio d’oro arriva fino a noi, illuminandoci …Come Klee pure Schroth, appassionato di natura e di escursioni, sensibile ai colori e alle forme naturali, si muove a piedi sui sentieri isolani che passano proprio nelle vicinanze dalla sua residenza: Le nostre gite ai Magazzini e a Bagnaia o dintorni ci procurano grandi gioie: fiori ed insetti di nuove specie e di colorazioni strane, pietruzze da cambiarsi con gioielli, serpenti d’acqua azzurri e luminosi, carbonaie rosse e fumose, in cui il carbone si forma in cinque soli giorni … La salita al Volterraio è aspra, ma compensata dalla larga vista di cui si gode fino al Monte Capanne. Si passa dalla parte dei Magazzini, e al mattino presto in poco più di mezz’ora si arriva alle mura, ancora in piedi, di un antico castello … cominciando a scendere si giunge a Rio Elba e Rio Marina, dove si trova il minerale per gli Altiforni … 

Non abbiamo le parole di Klee ma, insieme ad alcune immagini fotografiche oltre quelle citate più sopra, nella sua produzione artistica isolana c’è il disegno di Rio Elba ritratto dalle alture riesi datato 12 settembre 1926. L’artista sicuramente si doveva muovere a piedi in esplorazione dell’isola usando i sentieri e le mulattiere e tra questi quelli della zona, tra Bagnaia, Magazzini e Val di Piano, attraverso i quali si raggiungevano i paesi dell’Elba Orientale, Rio e Porto Longone. I disegni “Altura sopra Porto Longone”, “Valico tra Porto Longone e Magazzini I”, “Valico tra Porto Longone e Magazzini II” e Elba (Panoramica) ritraggono le vedute da quei luoghi raggiungibili con quella rete sentieristica. 

Strada maestra di Rio

Le prospettive ci parlano anche delle frequentazioni del crinale dell’Elba orientale, quella serie di rilievi oggi attraversata dalla cosiddetta GTE (Grande Traversata Elbana), allora probabilmente percorsa dai sentieri dei pastori e dei carbonai. Nella viabilità ufficiale descritta nel 1923 nell’ Elba Illustrata, guida dell’Elba a cura di Sandro Foresi, in un capitolo scritto da Giulio Pullè, tra le strade mulattiere più importanti sono indicate però la Strada Riese o del Volterraio e la Strada Magazzini – Monte Castello, che si collegava alla Strada del Botro e conduceva a Porto Longone. 


Parte II

Così è possibile che in una luminosa mattina di quel lontano settembre 1926 il nostro artista, fatta colazione la mattina presto, portando con sé nello zaino una bottiglia d’acqua, o una borraccia, e un piccolo “convio” rappresentato forse da un po' di pane e formaggio, munito del suo materiale da disegno e di alcune tavolette di legno che servivano per appoggiare i fogli durante il lavoro artistico, abbia intrapreso con il figlio diciannovenne Felix quell’antica mulattiera che passava a poche centinaia di metri dalla sua residenza isolana. Le tavolette di legno e altri fogli di carta dovevano servire anche per preservare i campioni da erbario che i due turisti raccoglievano durante le passeggiate documentando la flora isolana, preziosa testimonianza dell’interesse per la natura e le sue forme. 

Gli escursionisti avevano saputo che altra acqua fresca poteva essere prelevata lungo il cammino presso alcune sorgenti che si trovavano in prossimità della mulattiera. Allora le piccole fonti che fornivano il prezioso elemento necessario alla vita erano custodite e rispettate dai viandanti e dai pastori che conoscevano l’importanza di quei fondamentali punti di rifornimento. Se poi avessero raggiunto Rio Elba, poi lì l’acqua fresca sarebbe sgorgata copiosa dalla famosa fonte dei Canali e il rifornimento sarebbe stato assicurato. Il clima sarebbe stato caldo, anche se nelle giornate precedenti alcuni acquazzoni e un colpo di maestrale, seguito dal grecale, avevano rinfrescato l’aria. Ma ormai il temporale era passato e il sole splendeva, unica infuocata presenza nel cielo azzurro. L’effetto delle prime piogge di settembre dopo una lunga estate asciutta era stato quello di risvegliare la natura e i profumi della macchia e di ripulire l’atmosfera dalla foschia estiva. L’aria era tersa e i colori vividi, con il verde dei boschi e delle macchie che risaltava tra il blu del mare e del cielo. La via, lasciata la valle coperta dalle vigne, iniziava subito a salire in una rada macchia fiancheggiata da alcuni olivi e da qualche pino, con il profumo degli aghi che emanava dal terreno fondendosi con l’aroma della lavanda, dell'elicriso e dei cisti che si destavano dal torpore estivo. Più in su la macchia si univa a un boschetto di sughere dalla corteccia scolpita. L’osservazione di quei singolari fusti e la raccolta di alcuni campioni di foglie e rametti, staccati con un coltellino da campagna, davano la possibilità di prendere fiato per continuare il cammino in salita che sarebbe durato ancora un po', fino ad uno stretto passaggio fra le rocce sui fianchi di quel singolare sperone di roccia dominato da una fortezza. 

Il Volterraio visto dalla vecchia strada maestra riese

Centododici anni prima di Klee un altro importante personaggio si era inerpicato su quei rilievi lungo la stessa mulattiera, o “strada maestra riese”: si trattava nientemeno che di Napoleone Bonaparte, esiliato all’Elba, il quale il 5 maggio 1814, un giorno dopo il suo sbarco sull’isola voleva visitare i giacimenti di ferro di Rio Marina, principale risorsa economica del suo nuovo piccolo regno e incontrare il direttore delle miniere Pons de l’Hérault. Giunto a cavallo da Portoferraio aveva visitato, poco lontano dal lido dell’Ottonella, il deposito d’acqua potabile presso la spiaggia della Concia di Mare, realizzato nel 1700 dal Governatore Tornaquinci e poi si era diretto su quella via prima a Rio Castello per scendere poi alla Marina a pranzo a casa del direttore. Mentre Napoleone era salito a cavallo, scendendo di sella forse in corrispondenza di qualche passaggio più impegnativo, Paul Klee procedeva a piedi osservando con calma il paesaggio, la Natura e le rocce che lo circondavano, raccogliendo rametti e foglie che avrebbe conservato nel suo erbario elbano, materiale che sarebbe rimasto a lungo nel suo studio al rientro in Germania. Dopo il boschetto di sughere il sentiero lambiva la densa lecceta che risaliva il monte dalla “Valdinella”, dove un fresco sentiero attraverso quell’ombrosa valle permetteva di scendere a Bagnaia. L’ombra era un ristoro per i nostri escursionisti perché la giornata si faceva sempre più calda.

Spiaggia della Concia di mare e il Volterraio

La via era quasi deserta a parte qualche raro carbonaio che scendeva con il suo asino carico con due grosse ceste piene di carbone che si bilanciavano sul dorso dell’animale. Pochi altri viandanti venivano giù a piedi dal monte: Klee notò che alcuni percorrevano scalzi l’aspra via, con le scarpe, quelle belle “da città”, legate a tracolla. Erano i Riesi, abituati alla durezza della vita della miniera e della campagna, diretti ai Magazzini, poco lontano dalla Villa Ottone, per imbarcarsi da quel modesto moletto sui natanti che facevano la spola, a vela e a remi, tra la piccola frazione e la città situata quasi di fronte al di là della baia, facilitando le comunicazioni e permettendo loro di risparmiare tutto il lungo cammino che fiancheggiava il golfo di Portoferraio.

Bivio del Volterraio lungo la strada maestra riese

Una volta giunti sulla banchina della città avrebbero finalmente indossato le scarpe buone così protette dalle scabre pietraie del Volterraio. Il bosco diventava sempre meno fitto per cedere il posto ad una rada macchia soprattutto in corrispondenza di un rustico viottolo, più affine alla consuetudine di capre e pastori, che si staccava sulla sinistra verso la vetta di quell’aspro rilievo sormontato dalla rocca del Volterraio. La fortezza l’avevano già osservata incuriositi dal basso, dalla nave che da Livorno li aveva condotti a Portoferraio, poco prima di sbarcare. E poi, ancora dall’imbarcazione che li aveva portati a Magazzini; pure dal mare dell’Ottonella, avevano scrutato il monte dominato da quella struttura, quasi il nido di un grande rapace. La via proseguiva proprio sotto la parete rocciosa aspra e verticale, di pietra rossiccia e fratturata, per sostenere quel castello che si fondeva quasi con la conformazione geologica. 

A Klee sembrava un paesaggio già osservato nelle opere dei pittori romantici tedeschi: rovine, pareti verticali, una piccola lecceta dalle scure chiome sui fianchi di quella torre litica. Le rocce apparivano vistosamente stratificate, più rosse, a volte con sfumature nerastre o verdastre, con una vasta gamma delle tonalità delle ocre, come le pagine di un libro, il libro della natura che conteneva un’inesauribile varietà di forme e colori. Alcune capre, bianche, rossicce e nere guardavano incuriosite dall’alto di due passanti che rimanevano a bocca aperta osservando gli anfratti e terrazzi rocciosi sullo strapiombo che gli animali avevano raggiunto. Ben diverso era il panorama alla loro destra, laggiù oltre la stretta vallata che separava il cono del Volterraio. Lì il bosco appariva fitto, di un verde intenso, occulto e indecifrabile, coperta vegetale che ammantava i fianchi di quei rilievi che salivano ancora più in alto. A dispetto di quella coltre apparentemente impenetrabile, qua e là un filo di fumo quasi trasparente e azzurrino saliva al cielo verticale. Era l’indizio della presenza delle carbonaie, che dopo la pausa estiva avevano ripreso a trasformare il legname del bosco nel prezioso carbone di legna. Ben diverso da quelle esili emissioni era invece il fumo nero e denso che l’artista aveva visto uscire dalle alte ciminiere degli altiforni, alla periferia di Portoferraio, sull’altro lato della baia. Il sole era alto ormai ma per fortuna la salita era finita: dopo una strettoia in mezzo alle rocce fratturate, passaggio chiamato dai locali “Li Stretti”, la via proseguiva pianeggiante sul fianco di un rilievo ancora più alto: qui i monti apparivano nudi ma meno aspri, privi di una vegetazione alta ma coperti solo di un manto erboso e di bassi cespugli. Un gregge di pecore pascolava placidamente in quell’erba che emanava un miscuglio di aromi tanto da pervadere l’aria e ricordare il profumo della liquirizia e di alcune spezie orientali.

Veduta di Rio nell'Elba

La mulattiera conduceva finalmente alle Panche, il valico con l’altro versante della catena dell’Elba orientale. Il mare era nuovamente davanti a loro: era il canale tra l’isola e il continente che appariva in lontananza. Più sotto era infine la discesa che li conduceva verso Rio Castello che apparve svelato da un altro piccolo colle. Era quasi l’ora di pranzo e l’escursione aveva messo appetito e così fu deciso di consumare il piccolo convio da qualche parte presso il colle del Pianello o sui fianchi Monte Capannello con quella sorprendente veduta del paese, le vallate che scendevano al mare, un isolotto e la costa toscana che appariva laggiù in fondo. Il semplice pane e formaggio con quel panorama era più saporito, condito dagli aromi della macchia circostante e dalla piacevolezza visiva. Gli occhi dell’artista leggevano uno per uno i particolari del paesaggio, così complesso e luminoso, ricco di colori e vario, con alcuni piccoli velieri che attraversavano il canale. Poi lo sguardo saliva per scrutare più vicino e si soffermava sulla struttura del paese appoggiato al pendio, quelle forme armoniche che raccontavano una storia antica. 

E così Paul Klee, mentre il figlio calato il cappello di paglia sul viso si riposava nel sole mediterraneo, situato da qualche parte sui quei pendi erbosi, presa la matita e un foglio di carta Ingres tedesca opportunamente stesa e fissata sulla tavoletta di legno appoggiata alle ginocchia, sintetizzò con precisione e decisione con uno stile quasi cubista quegli antichi volumi stesi sui monti riesi. Queste semplici righe sono solo un esercizio di fantasia col quale ho cercato di immaginare i passi di Klee sui quei sentieri elbani. Non conosciamo in effetti le esatte circostanze e tempi, se alle escursioni partecipasse anche la moglie Lili oppure se si avventurasse da solo per i viottoli isolani, non sappiamo se poi l’artista sia sceso a Rio Elba a rifornirsi d’acqua alla famosa Fonte dei Canali o addirittura sceso a Rio Marina per osservare le celebri miniere di ferro che tanto avevano interessato Napoleone. Klee che redigeva precise cronache sui suoi taccuini non ci dettaglia la sua vacanza elbana. Oltre ad alcune immagini fotografiche citate e alla produzione artistica poca è la documentazione disponibile. Si trattava probabilmente di uno vero stacco mentale. 

Parte III

Sicuramente quella qui sopra appena descritta era la via terrestre più diretta da Portoferraio e il suo Golfo per andare a Rio. Era la via seguita già da Sir Henry Swimburne nel 1789 e descritta nel libro Travels in the two Sicilies e percorsa anche da Richard Coalt Hoare, pittore paesaggista e scrittore, durante il soggiorno elbano: nella sua opera Tour through the Island of Elba rimane una bella veduta di Portoferraio e del Volterraio ritratti proprio dal valico delle Panche. Per rimanere nel campo artistico c’è un’altra preziosa testimonianza pittorica del paese di Rio ritratta da una veduta non uguale ma affine, presso quell’antica viabilità. Abbiamo infatti la suggestiva “Veduta sul Canale”, opera attribuita a un maestro veneto, probabilmente Lattanzio Querena da Clusone, che un secolo o poco più prima di Klee avrebbe dipinto l’abitato riese da quella strada che lo collegava a Portoferraio, mulattiera che appare proprio in primo piano insieme ad alcuni viandanti. Un dettaglio interessante per gli appassionati di viabilità escursionistica è rappresentato dalle cordolature trasversali in pietra, per consolidare il fondo e per regimare le acque piovane, cordoli visibili nell’ottocentesco quadro e ben noti ed evidenti a chi ancora oggi percorre la strada maestra riese salendo dall’Ottone verso il Volterraio. 

È opportuno ricordare che vecchia la mulattiera ormai chiusa da una folta vegetazione è stata ripulita e resa percorribile nel 2018 sul versante portoferraiese da un intervento della locale sezione del CAI e altri volontari, divenendo oggi il sentiero 254 e seguito ideale verso la fortezza del Volterraio del “Cammino della Rada”. Klee continuò le sue passeggiate probabilmente con calma e in giornate diverse sui sentieri che attraversavano i monti dell’Elba orientale, dai quali sembrano essere stati eseguiti i disegni già citati più sopra che ritraggono le vedute panoramiche da quelle prospettive elevate. Dovevano esistere i viottoli dei pastori e dei carbonai sul crinale del monte e nei boschi sottostanti, in passato già vie di fuga delle popolazioni isolane in caso degli assalti della pirateria saracena e turca, usate comunque come vie di comunicazione tra un abitato e un altro, in quanto percorsi più diretti anche se comportavano a volte impegnative salite. Così, ogni tanto, erano stati percorse da viaggiatori, curiosi e artisti, come era già avvenuto nel caso di Alexander Cozenzs, autore di una interessante veduta su Porto Longone e del ricordato Richard Coalt Hoare che nel suo libretto illustrato descrive le escursioni sulle creste dei monti tra Rio e Porto Longone e ai Sassi Tedeschi, a ridosso di Cima del Monte, la vetta dell’Elba orientale dai quali poteva dominare un vasto panorama. 

Ecco le paroletratte dal suo libro:“… barren and lofty mountains, which afford many picturesque points of view. One of these, named Sassi Tedeschi, or the German Rocks, presents one of the finest views that Nature ever composed. From thence I could see the whole island as under my feet, and could trace, as on a map, the entire route I had lately made; and from thence I could distinguish almost every village in the island, namely Rio, and its sea-coast, Porto-Ferrajo, Marciana, and Poggio, St. Ilario and St. Piero, CapoLiveri, Porto Longone; also the ruined turrets of Giove and Volterrajo, the islands of Pianosa, Corsica, Capraja, Monte Christo, Monte Cerboli, Palmaiolo and Gorgona, Monte Argentaro, together with the Tuscan coasts of Castiglione, Populonia, and Leghorn.”… montagne spoglie e elevate, che permettono molte suggestive vedute. Una di queste, chiamate Sassi Tedeschi, […], presenta una delle più belle vedute che la Natura abbia mai creato. Da qui potevo vedere l’intera isola ai miei piedi e seguire come su di una carta tutta la strada che avevo recentemente percorso e da qui potevo individuare quasi tutti i paesi dell’isola […]

Pietra rosata del golfo di Portoferraio

Seguendo quei sentieri Klee può aver raggiunto la mulattiera che saliva da Val di Piano verso Monte Castello e Porto Longone (l'odierna Porto Azzurro) o, più probabilmente, può essere altresì salito alle alture e al passo tra Magazzini e Porto Longone usando quest'altra importante viabilità che, lasciata su una piccola altura a sinistra i ruderi della chiesa romanica di Santo Stefano, documentata dall’artista in una serie di immagini fotografiche, si inerpicava sui fianchi dei rilievi del Buraccio, per raggiungere appunto Porto Longone o Monte Castello. Questa mulattiera era allora rappresentata da una carreggiata larga e comoda che, dopo aver toccato alcune grandi fornaci di calce e attraversato su di un bel ponte il fosso che scende dai monti orientali, proseguiva in salita caratterizzata fino a Porto Longone da un selciato grossolano riempito di terra e pietrisco fine fiancheggiato da una perfetta canaletta in calcare chiaro per la regimazione dell’acqua piovana. Come ricordato più sopra Klee era attento al paesaggio naturale e aveva realizzato un erbario, ma sicuramente il suo occhio così attento al colore non avrà potuto fare a meno di notare le cromie delle rocce isolane.

La mulattiera per Porto Longone

Analizzando ad esempio la semplice penisola di Portoferraio, che sicuramente l’artista visitò troviamo una vasta gamma di tonalità e sfumature. Si va dai calcari grigi e rosati al rosso e al nero dei diaspri e delle radiolariti; tonalità simili sono quelle dei basalti che si trovano nella zona del forte Stella prossimi ai verdi serpentini sotto il bastione dei Mulini. 

Particolare della canaletta della mulattiera per Porto Longone

Se aggiungiamo il bianco del caolino delle Ghiaie, il giallo ocra del porfido cavato non lontano dal centro storico e ampiamente utilizzato per realizzare le pavimentazioni, edifici e monumenti, la tavolozza è completa: l’arcobaleno di colori era poi stemperato nel blu del cielo e mare elbano. Immaginiamoci Paul Klee, esploratore/turista - allora la parola turista si poteva usare mentre ora ha assunto delle connotazioni quasi dispregiative – all'Elba nel 1926, a passeggio sulle lastre lucide della piazza di Portoferraio e non posso non pensare che un artista che si definiva “colore”, interessato alle linee e alle forme della natura, non abbia notato i passaggi di tonalità di quei calcari rosati, sfumando dal rosa al giallo e al grigio, con i colori spesso delimitati nelle campiture di calcite e chissà, forse, averne tratto ispirazione per la propria arte. Erano le stesse line e colori che aveva osservato nei ciottoli all’Ottonella e sulle vicine scogliere rosate che proseguivano verso Punta Pina: erano proprio lì sotto i suoi occhi mentre si asciugava al sole dopo un bagno tonificante fatto alla fine delle passeggiate. 

In quelle pietre apparivano paesaggi immaginari dove gli occhi e la mente si inoltravano in un viaggio fantastico, scenari fatti di tonalità calde come il sole che lo avvolgeva e lo ristorava su quell’incredibile lido perso tra il verde dell’isola e il blu del mediterraneo. Oltre a quelle qui sopra ricordate altre sono le opere di Paul Klee legate all’Elba, tra le quali alcune vedute dall’alto della città di Portoferraio, degli altiforni e del suo porto. Non molte a dire il vero, tenuto presente che l’esperienza sarebbe stata molto importante per l’artista, tanto da far pensare che egli stesso abbia distrutto alcune testimonianze del viaggio in un momento successivo. 

Lastre di calcare piazza di Portoferraio

Tornando ai sentieri percorsi da Klee, nell’ottobre 2012, ispirato dalle allora recenti mostre curate dal circolo Le Macinelle, in occasione della 4° edizione del Tuscany Walking Festival, per quanto riguarda le attività del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, proposi (in data 1ottobre 2012)con la sponsorizzazione dell’Ente Parco l’escursione “La Via di Klee” sulle orme dell’artista tedesco che aveva visitato a piedi quei luoghi. La passeggiata così svolta in una giornata di inizio autunno, affine climaticamente a quelli che avrebbero potuto essere i giorni di vacanza di Klee, ebbe un discreto successo di pubblico e anche una buona risonanza sui media e fu pure inserita - venni poi a sapere - tra gli eventi del programma europeo della Land life week 2012, la settimana europea della custodia del territorio. Così, in una piacevole e solatia giornata autunnale, insieme ad un gruppetto di appassionati escursionisti, tra i quali alcuni turisti e vari camminatori locali, percorremmo quei viottoli sui passi di quel particolare esploratore così curioso e attento alle bellezze e ai colori della nostra isola.

Portoferraio, sulle orme di Paul Klee (acquerello di Antonello Marchese)


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