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Cultura giovedì 22 novembre 2018 ore 10:30

Zecchini: "Sia valorizzata la stadera bizantina"

Peso da stadera del Museo archeologico di Rio nell'Elba, disegno

Lo studioso interviene per segnalare l'importanza della stadera conservata al Museo archeologico di Rio nell'Elba e invita a valorizzarla



RIO — Non passa inosservato il peso da stadera esposto al Museo civico archeologico del Distretto minerario di Rio nell'Elba, nel Comune di Rio.

A questo proposito interviene l'archeologo Michelangelo Zecchini per chiedere che il reperto archeologico, trovato nel mare di Cavo, sia maggiormente valorizzato.

"Nel 1972 e nel 1976, - scrive Zecchini - nel corso di lavori nel porto di Cavo, vennero in luce casualmente (purtroppo non furono eseguiti accertamenti sistematici) un’ancora di legno provvista di contromarra di piombo (II-I sec. a. C.), nonché un medaglione di bronzo, piuttosto raro, di Marco Aurelio (169-170 d. C.) e una moneta pure in bronzo di Antonino Pio (145-161 d. C.)". 

"Tali reperti, in qualche modo legati all’attrazione commerciale marittima esercitata dalla soprastante villa patrizia di Capo Castello, - prosegue Zecchini - fecero passare in secondo ordine il ritrovamento di una statuetta di bronzo a tutto tondo configurata a busto femminile, che invece era il pezzo forte di quell’ importante scoperta. Fu subito chiaro agli specialisti che la statuetta altro non era che un contrappeso da bilancia di epoca romana (aequipondium), ma poi sono rimaste nel limbo, per oltre quaranta anni, sia la sua cronologia sia la sua rilevanza storico-archeologica".

"Oggi, dopo ripetuti recuperi effettuati altrove di oggetti consimili, alcuni dei quali databili con precisione perché associati con anfore e altri manufatti, - spiega Zecchini - siamo in grado di offrire valutazioni più puntuali e attendibili. Il nostro cursore da stadera, ora esposto nel Museo archeologico del distretto minerario di Rio, è configurato a busto di Minerva/Roma che poggia su una base a forma di parallelepido con bordi aggettanti". 

"La dea indossa un chitone che - fermato con una bulla a rosetta all’altezza della spalla - lascia scoperto il seno destro. Il viso, aperto in un leggero sorriso e piuttosto rotondeggiante, - sottolinea lo studioso - è incorniciato da capelli con scriminatura centrale, ondulati e rigonfi sulle tempie, nascosti poi fin sulla nuca da un elmo crestato. Quest’ultimo presenta incisioni a spirale e, alle estremità, un anello di sospensione e un segmento che scende serpeggiante sul dorso. Il collo è robusto. Le pupille, infossate, forse in origine erano riempite con due perle di pasta vitrea o con altro materiale".

"Il manufatto bronzeo del Cavo - afferma Zecchini - rientra agevolmente nella classe cosiddetta “Athena-busten” (N. Franken 1994) e trova confronti piuttosto stretti con esemplari classificati come bizantini, per esempio con quello rinvenuto nel relitto di Triscina presso Selinunte (prima metà del V secolo), o con quello disegnato nel 1784 da F. Marchissi nel Regio Gabinetto di Firenze, oppure con quelli attualmente conservati e ben valorizzati nel Metropolitan Museum di New York (350-500 d. C.) e nel Museo Nazionale Archeologico di Firenze (IV secolo)".

"Il piccolo busto di Minerva alto-bizantino di Rio, vero e proprio gioiello archeologico per il quale si può proporre una datazione compresa fra il 350 e il 450 d. C., - sottolinea Zecchini - non ha niente da invidiare, quanto ad accuratezza di lavorazione e stato di conservazione, ai più conosciuti contrappesi bronzei dei grandi musei citati. Anche per questo meriterebbe di essere corredato da didascalie più precise e di essere valorizzato con una collocazione espositiva meno anonima".

"Reperti della tarda romanità o del primo alto medioevo sono stati trovati nella stessa zona del Cavo (alcune tombe del IV-V secolo a Capo di Mattea) e in altre località elbane, - afferma Zecchini - soprattutto nella rada di Porto Azzurro dove, nei primi anni Settanta del secolo scorso, affiorarono ceramiche grigie paleocristiane riferibili al V e al VI secolo. Ciò significa che i commerci marittimi, per quanto notevolmente affievoliti, poco prima e poco dopo la caduta dell’Impero romano d’occidente toccavano ancora, in modo non marginale, i principali approdi dell’Elba".


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