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Cronaca mercoledì 06 novembre 2019 ore 11:15

Violenza in famiglia, denunciato un quarantenne

Foto di repertorio

Secondo la ricostruzione della polizia i maltrattamenti in famiglia duravano da anni. La donna e i figli sono in una struttura protetta



PORTOFERRAIO — Nei giorni scorsi personale specializzato della Polizia di Stato  di Portoferraio è intervenuto in relazione ad una lite in famiglia e, dopo aver esaminato il referto medico emesso nell’occasione per le lesioni subite da una donna, è emersa una grave situazione di maltrattamenti e di violenze che durava da anni. 

La donna, con figli minori, è stata ascoltata con la nuova procedura del codice rosso ed è stata messa al sicuro in una casa protetta.  Nei giorni scorsi la Squadra anticrimine ha eseguito, al termine di accurate indagini, l’ordinanza di misura cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Livorno che ha disposto il divieto di avvinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla moglie dell’uomo, con divieto di comunicare in qualsiasi maniera ed obbligo di mantenersi ad una certa distanza dai luoghi e dalla donna.

L’attività investigativa, sulla quale viene tenuto il massimo riserbo, come spiegano dal Commissariato elbano, è anche occasione per parlare del fenomeno e della rete con la quale sii è potuta muovere la Polizia di Stato, potendo contare in primis sul Servizio sociale di Portoferraio.

Nel nostro Paese, analogamente a quanto accade nel resto del mondo, la violenza sulle donne, fenomeno trasversale che interessa ogni ceto sociale, senza differenze di età, etnia, religione, e condizioni economiche, è in continua e preoccupante espansione. Cosa si aspetta una donna, vittima di violenza di genere, dalla Polizia? Sicuramente protezione ed indagini che portino presto ad aver giustizia, ma non solo. Una donna che è vittima di violenza fisica, psicologica, economica, sociale, proprio perché prevaricata in quanto donna e privata di libertà ed autonomia, si sente sola, è rassegnata, prova vergogna, ha paura di ritorsioni per se stessa e i propri figli, si crede colpevole, teme di non essere creduta. 

Quando le donne decidono di uscire da situazioni di violenza per chiedere aiuto alle forze dell’ordine, ai medici, agli assistenti sociali, ai centri antiviolenza, agli avvocati, spesso si trovano in uno stato di particolare vulnerabilità e vivono con grande sofferenza ogni momento di comunicazione all’esterno della propria storia. 

Ed è a questo punto che entra in gioco la Rete, ossia quel collegamento interistituzionale in grado di apprestare tutela ed assistenza alle vittime di violenza di genere in tutte le sue estrinsecazioni e ai minori. 

Anche nell’indagine in questione, come spiegano dal Commissariato di Portoferraio, la rete con procura delle Repubblica, Usl e Servizi sociali ha funzionato, facendo tuttavia emergere l’esigenza che i Comuni si adoperino, concretamente, per l’inserimento nei piani sociali di un centro antiviolenza in ogni ambito territoriale e di una casa di accoglienza per donne maltrattate in funzione del numero di abitanti, così come sollecitato dalle indicazioni della Unione Europea, e comunque a potenziare centri antiviolenza nel proprio territorio nel più breve tempo possibile al fine di indirizzarvi le vittime in applicazione dell’articolo 5 comma 2 lettera d) della legge 119/2013 di recepimento della Convenzione di Istanbul che prevede il potenziamento delle forme di assistenza e di sostegno delle donne vittime di violenza e dei loro figli attraverso modalità omogenee di rafforzamento dei servizi territoriali, dei centri antiviolenza e dei servizi di assistenza alle donne vittime di violenza. 


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