INCIPIT - La quarta triade
di Pierantonio Pardi - lunedì 31 luglio 2023 ore 07:00
Quarto appuntamento con le triadi di Incipit per il mio blog “Le pregiate penne” ; ne “Le facce buffe dell’amore” (2009) di Martina Cecchini e Susanna Chelotti, si racconta una storia d’amore degli anni ‘2000 in una Siena universitaria, naive, leggera e violenta, tra quattro ragazzi, Andrea, Luna, Daniele e Lara: come nelle “Affinità elettive” Andrea, barman improvvisato, lascia la sua ragazza Luna e si innamora di Lara e Daniele che aveva avuto un breve flirt con Lara s’innamora di Luna. Insomma, un chiasmo, ma i colpi di scena non finiscono qui …
In “Basta smetto” (2010) di Giovanni Vannozzi, il protagonistaLeo Guinigi non è un travet e neppure uno sfigato dell’ ultima generazione; ha le stesse paranoie di Zeno Cosini nei confronti del fumo e lo stesso patologico desiderio di farsi psicoanalizzare , soffre di insonnia e frequenta il CPS (centro per la cura del sonno) come i narcolettici di Jonathan Coe nella “Casa del sonno” di Ashdown, ha la stessa rabbia di Holden Caulfield, ma, a differenza di lui, sa dove andare a trovarsi perché il suo percorso di formazione gli è chiaro e i personaggi letterari di cui è imbevuto sono il suo corollario, la sua bizzarra scenografia.
Leo fa il giornalista per una piccola testata e guadagna poco: “sono single e faccio un lavoro di merda, vivo con poco più di 600 euro al mese e ancora un po’ di speranza, davvero poca.” Un romanzo irriverente e sarcastico, sorretto da una scrittura originalissima.
E infine in “Occhio di cane” (2012) di Simone Falorni, entra in scena, Book, voce narrante di questo romanzo, un cane colto, ironico e stravagante che, adottato da Pablo, entra nella sua anima, condividendone amicizia, relazioni, viaggi e avventure.
Avvertenza per i lettori: i dati biografici degli autori sono riferibili all’anno di pubblicazione dei loro libri e quindi non sono, volutamente, aggiornati.
Martina Cecchini - Susanna Chelotti
Le facce buffe dell’amore
Le facce buffe dell’amore
Prefazione di Pierantonio Pardi
“Verissimo,” ribattè il capitano. “i casi più interessanti e singolari sono certo questi, in cui l’attrazione, l’affinità, l’abbandono e il congiungimento, si possono effettivamente rappresentare con uno schema a croce, quando quattro esseri appaiati a due a due, indotti al movimento, lasciano la primitiva unione e si riaccoppiano in modo diverso. In questo lasciare e prendere, fuggire e ricercarsi, sembra davvero di vedere una determinazione superiore. Si dà atto a tali esseri di una sorta di volontà e capacità di scelta, e si trova del tutto legittimo un termine tecnico come affinità elettive”
Ho citato questo brano di Goethe, tratto da “Le affinità elettive”, romanzo pubblicato nel 1809 perché la storia che ci raccontano Susanna e Martina presenta molte analogie con quel libro (che tra l’altro citano).
In quel romanzo si narra di una storia d’amore tra Carlotta ed Emilio che poi si complica per l’arrivo sulla scena di altri due personaggi, Ottone ed Ottilia…
Il titolo del romanzo deriva da una caratteristica di alcuni composti chimici che, pur se legati con un altro composto chimico, in presenza di un terzo composto chimico tendono ad abbandonare il primo legame per formarne uno nuovo con il nuovo composto. Questo succede perché il composto di partenza ha un'affinità maggiore con la nuova specie chimica rispetto all'affinità che aveva con l'altro componente chimico. Il titolo utilizza un termine chimico per alludere chiaramente alle faccende amorose tra i personaggi. Infatti, fin che erano soli, il legame di Carlotta e Edoardo era stabile e saldo, ma con l'arrivo del capitano e di Ottilia il legame si rompe per permettere a Edoardo di unirsi ad Ottilia e a Carlotta di legarsi con il capitano Ottone.
E qui finiscono i rimandi e le citazioni, altrimenti si corre il rischio di diventare noiosi.
Ma era importante comunque sottolineare la profonda analogia che esiste tra questo romanzo ottocentesco e la storia raccontata da Susanna e Martina, anche per dimostrare che l’amore non subisce, in fin dei conti, anche a distanza di anni, significative mutazioni.
Certo, il salto cronologico c’è e si vede: qui siamo a Siena, negli anni ‘2000, in una città che comunque mantiene inalterate faide antiche e sanguigne, sublimate in quella pazza corsa che è il Palio, affare di contrade, di amore e di odio viscerali, città di contrasti e chiaroscuri, policroma e beffarda.
In un contesto così sbocciano storie d’amore incredibili e improbabili raccontate con ingenuità e leggerezza da adolescenti sprovvedute e sagge, in virtù di un elegante ossimoro che le tiene legate visceralmente alla città e ai suoi umori.
Tutto ruota intorno a quattro ragazzi, Andrea, Luna, Daniele, Lara; tutti, tranne Andrea, sono universitari e vivono questa breve stagione della loro esistenza in modo contradditorio e sublime. Poi succede che Andrea, barman improvvisato, lascia la sua ragazza Luna e si innamora di Lara e Daniele, che aveva avuto un breve flirt con Lara, s’innamora di Luna ….insomma le affinità elettive di cui parlavamo prima.
Ma l’amore che sboccia tra i nostri eroi ha come caratteristiche la velocità e la leggerezza, un impasto micidiale di realismo e romanticismo che decapita ogni forma di ipocrisia e di moralismo.
In una storia che fa il verso ironicamente al feuilleton, ma somiglia più ad una fiaba moderna , ci sono i cattivi come Simone, un dandy nevrotico e narcisista, Alba, prototipo della malafemmina, cinica e disincantata, e i buoni come Susy, l’amica consolatoria e disponibile.
E poi tanti altri personaggi che sono la cornice, il “coro” di questa vicenda in cui non succede niente e accade di tutto.
Non è questa una storia mielosa e raccapricciante sul modello dei vari Scusa se… & C., ma mette a nudo, in modo a volte cruento, uno spaccato psicologico, romantico e violento dove sesso e poesia, amore e bugie, certezze e inganni, disincanti e sogni si fondono in una strana alchimia con un linguaggio estremamente verosimile che fotografa in tempo reale il modo di pensare, il punto di vista, di giovani che sono alla ricerca della vita nel disperato tentativo di diventare grandi.
Forse è proprio il linguaggio, la novità di questo romanzo, un linguaggio scarno, essenziale, antiretorico, non “giovanilistico”, imbevuto cioè di quella retorica pret à porter che sta dilagando nelle fiction e nei reality oltreché nei romanzetti “spazzatura”; un linguaggio che riflette una condizione esistenziale, quella di universitari fuori sede, alle prese con una nuova città, con nuovi ambienti, con amori imprevisti e improvvisi.
E poi gli ambienti: le discoteche, i pub, tutto quel “corollario” essenziale e blasfemo che è il contesto scenografico delle vicende, che ne scandisce i ritmi, che ne delimita le atmosfere…
Insomma, un romanzo da leggere tutto d’un fiato….
Quarta di copertina
Bisogna aspettare il matrimonio per scoprire che esistono affinità elettive diverse da quelle che avevamo immaginato? A quanto pare no e questa fiaba moderna sta lì a mostrarvelo, da una Siena universitaria naive, leggera e violente, vicina e lontanissima da quel secolo dove il grande Goethe ci regalò quell’espressione diventata linguaggio comune.
Le autrici: Susanna e Martina sono nate a Piombino più di venti anni fa. Studiano a Siena e vivono sotto lo stesso tetto. Nelle loro vene scorrono idee e caffeina. Questo è il loro primo romanzo.
Giovanni Vannozzi
Basta smetto
Basta smetto
Prefazione di Pierantonio Pardi
Un po’ di tempo fa, un folkloristico ministro di questa nostra Repubblica circense coniò un epiteto bamboccioni per etichettare una generazione, dai trenta in su che non riusciva proprio a staccarsi dai genitori, non voleva trovarsi un lavoro…insomma, i maschi restavano legati a Edipo e le femmine ad Elettra, intesi ovviamente come “complessi” di freudiana memoria.
Ebbene, io credo che questo ministro, partorito dai fumetti, farebbe bene a leggersi questo breve romanzo di Giovanni Vannozzi, anzi l’autore ha già promesso che gliene invierà una copia.
Sì, perché Giovanni Vannozzi, o meglio il suo eteronimo Leo Guinigi, è appunto uno dai trenta in su , ma, guarda caso, lavora, anche se è precario, ha già un matrimonio fallito alle spalle e un rapporto non proprio idilliaco con il padre.
Leo Guinigi non è un travet e neppure uno sfigato dell’ ultima generazione, ha le stesse paranoie di Zeno Cosini nei confronti del fumo e lo stesso patologico desiderio di farsi psicoanalizzare , soffre di insonnia e frequenta il CPS (centro per la cura del sonno) come i narcolettici di Jonathan Coe nella casa del sonno di Ashdown, ha la stessa rabbia di Holden Caulfield, ma, a differenza di lui, sa dove andare a trovarsi perché il suo percorso di formazione gli è chiaro e i personaggi letterari di cui è imbevuto sono il suo corollario, la sua bizzarra scenografia.
Leo fa il giornalista per una piccola testata e guadagna poco: “sono single e faccio un lavoro di merda, vivo con poco più di 600 euro al mese e ancora un po’ di speranza, davvero poca.”
Ma se la speranza è poca, la rabbia e l’inventiva non gli mancano davvero.
La sua rabbia è una sorta di insofferenza anarchica verso le gerarchie, siano esse militari (quando deve arrangiarsi per non farsi arruolare) o lavorative (quando entra in crisi con l’ottusità e il conformismo bigotto dei suoi capi), è ricca di sarcasmo e ironica, ha il potere, tutto pirandelliano, di trasformare il comico in umoristico e di adattare ad ogni circostanza un idoneo registro linguistico e comportamentale.
Poi ci sono le donne: Claudia, la ex moglie col fratellino gay e la madre sosia di Nosferatu, Giovanna l’amante lesbica, Magda che funzionava davvero finché non lo lascia per un suo ex, Franz, uno fuso, Diana e infine Dafne (tanto per rimanere nel mitologico) che questa volta non si trasformerà in alloro per il suo novello Apollo…
Poi ci sono gli amici: Luigi, Fabrizio, Patty, l’obesa narcisistica e ninfomane…un microcosmo variegato e volubile, scandito da amori, successi, insuccessi e da una spasmodica ricerca di un lavoro definitivo.
E, inframmezzati, i tanti monologhi interiori che Leo ci regala, le email che scrive a Carlo, il suo psicoterapeuta, nei suoi micro deliri ontologici, il suo estraniarsi di fronte ad un’ omologazione infarcita di faceboox ed altre oscene amenità.
Frustrazioni e nevrosi di uno spaccato generazionale, di un limbo infelice e romantico, che Giovanni ha saputo cogliere e ritrarre in modo tragicomico.
E infine c’è Ufo, il cane di Leo, che già nel nome, ricorda il figlio del giovanissimo Sam, l’indimenticabile protagonista del divertente romanzo Tutto per una ragazza di Nick Hornby.
E sempre pensando ad Hornby e al suo romanzo Non buttiamoci giù , mi sembra che il messaggio, ammesso che qualcuno ce lo voglia trovare, sia proprio questo: continuare comunque a vivere, tra anoressie e bulimie esistenziali, tra amori più o meno fortunati, con la speranza che questo mondo, prima o poi, ci offrirà qualcosa di nuovo e di bello…proprio come il figlio che Dafne sta per regalare a Leo…ma questa è un’altra storia…
Quarta di copertina
Tutto procedeva piuttosto bene, ero persino arrivato a pensare che mi sarei dimenticato il suo nome nel giro di poco tempo, ormai sono passati più di due anni dalla separazione.
Ma allora perché sono di nuovo qua,
me lo puoi spiegare Carlo?
Perché sono tornate l’insonnia e l’emicrania?
Se nove mesi fa mi hai detto
Di essere abile arruolato alla vita,
perché oggi sono di nuovo
sdraiato sul tuo lettino?
L’autore
Giovanni Vannozzi nasce a Pisa. Giornalista “per caso”, una volta vercò un oceano, ritrovandosi davanti alle porte del New Yprk Times ma non lo hanno fatto nemmeno entrare. Da ragazzino amava dipingere, ma poi il colore gli ha scombinato qualcosa: ora scrive in bianco e nero.
Simone Falorni
Occhio di cane
Sinossi
Pablo, insegnante di educazione fisica convertito alla gestione di un locale chiamato Jazz Club, angosciato dalla separazione con Giusy, pittrice, sua compagna da dieci anni, decide di adottare un cane, Book, meticcio fortemente rassomigliante ad un lupo. Book ha vissuto in una canile dove Bruno, amico di Pablo e antropologo di professione lo ha allevato a suon di libri, film e canzoni d’autore. Book, quindi, è un cane colto, ironico e stravagante che entra nell’anima di Pablo, dipingendone le sofferenze, le contraddizioni e le gioie con simpatia e leggerezza. Book, entra anche nella vita di Pablo, condividendone amicizie, relazioni, viaggi e avventure. Tutto è narrato da Book con una semplicità talvolta disarmante che fa da contraltare alle contorsioni mentali di Pablo. La vita di Pablo si incrocia con personaggi curiosi che, con le loro storie e con dialoghi serrati, gettano uno sguardo sulle dinamiche sociali dei trentenni di oggi raffigurandone sogni, speranze e delusioni.
Frase
L’ironia è un cane che ulula alla luna pisciando sulle tombe
Karl Kraus
Quarta di copertina
Il mio nome è Book. Nonostante l’assonanza non ho niente a che vedere con il Buck del Richiamo della foresta di Jack London. In comune, forse, ho solo il fatto di essere un cane meticcio fortemente somigliante a un lupo. Voglio sottolineare il “somigliante” in quanto ho avuto poco a che fare con scorribande nella foresta, incontri con pionieri, sfide all’ultimo sangue con grizzly e altre gesta eroiche classicamente intese. Posso però vantare nobili origini. Mio padre era un lupo grigio americano vissuto nelle terre dei Navajo.
L’ autore
Simone Falorni, classe 1975, vive a San Miniato e si occupa di economia ecologica e naturopatia. Pubblica racconti sulla rubrica “Acrobati del caos: storie di personaggi in bilico” del magazine on line 89mainstreet. Ha pubblicato il romanzo Pagliacci dentro per la Giovane Holden Edizioni.
Pierantonio Pardi