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Attualità domenica 21 febbraio 2021 ore 10:00

Antica via napoleonica, "serve più attenzione"

Legambiente commenta gli interventi sulla Strada Maestra di San Martino sottolineando la necessità di maggiore attenzione alla storia



PORTOFERRAIO — Una foto diffusa su Facebook e riguardante una parte dell'antica strada maestra "napoleonica" in località San Martino a Portoferraio ha messo in allarme diverse persone sui social.

Su quanto accaduto è intervenuta anche Legambiente Arcipelago toscano ricordando che la “Strada Maestra di San Martino” già censita nel Catasto Leopoldino è quel sentiero che si imbocca svoltando a sinistra prima di entrare nel viale di accesso appunto alla Villa Napoleonica di San Martino.

Come spiega Legambiente "La Strada Maestra era la via di accesso originale alla residenza di Napoleone Bonaparte, l’imperatore la fece sistemare nel 1814, dopo aver acquistato l’immobile dalla famiglia portoferraiese dei Manganaro.

Ma l'antica strada maestra è stata anche oggetto di studio e di un progetto di valorizzazione che nel 2016 ha coinvolto la Gestione associata degli archivi storici comunali, la Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio per le province di Pisa e Livorno (leggi qui l'articolo).

"Le pietre del selciato sono quelle di una antica via di comunicazione, - prosegue Legambiente - minuziosamente posate per creare spallette di delimitazione e vie di scorrimento delle acque. Si percorre per raggiungere il sentiero numero 221 che si inoltra nella Foresta demaniale di San Martino".

"Al contrario di quanti credono in molti, - spiega ancora Legambiente - le foto dei lavori che stanno circolando sui social network non riguardano la posa della fibra ottica da parte della Tim: l’antica via, che poi diventa una strada forestale che si inoltra nella Foresta demaniale di San Martino, è da tempo oggetto di lavori da parte degli operai dell’Unione dei Comuni delle colline metallifere (quindi il personale che prima apparteneva all’ex Comunità Montana dell’Elba e Capraia) e non c’è nessun appalto, visto che si tratta di interventi “di routine” in un’area forestale demaniale".

"Da quanto ne sappiamo, - prosegue Legambiente Arcipelago toscano - c’è già stato un intervento dei carabinieri forestali che non sembrano aver accertato danneggiamenti del basolato, dato che non ci sono stati scavi del piano di calpestio come avvenuto sulla strada di Rimercojo a Poggio".

Ma, commenta Legambiente "Certo, sconcerta che, in un’area così delicata dal punto di vista storico/culturale, si sia proceduto a un allargamento e 'sistemazione' di una strada senza un’oculata movimentazione dei detriti prodotti e provocando colate di fango che hanno poi interessato il tratto selciato, con un ampliamento del piano stradale che ha comportato un pesante intervento sul lato a monte e affogato di fanghiglia gli scoli del percorso. Anche se quanto avvenuto a San Martino non fortunatamente così grave come sembrava in un primo momento, dimostra comunque che è necessario che, quando si interviene su percorsi ed aree importanti per la nostra storia e il nostro ambiente, le imprese private e pubbliche operino con più attenzione e nel pieno rispetto di norme, prescrizioni e nulla-osta. Lo richiede anche la nuova sensibilità che l'opinione pubblica elbana sta mostrando su questi temi".

"Proprio nel momento in cui si dovrebbe iniziare a celebrare il duecentesimo anno della morte di Napoleone Bonaparte, che a San Martino fu principe e ospite impaziente, sembra che facciamo di tutto per banalizzare e trascurare la memoria dei luoghi in cui ha vissuto. - prosegue Legambiente - A volte, durante i nostri viaggi e vacanze, ci imbattiamo in piccole comunità che conservano gelosamente le testimonianze del passato, noi che abbiamo una storia magnifica da conservare, “un impero che ci è stato lasciato in custodia”, lo maltrattiamo mentre ne celebriamo ipocritamente le ricorrenze".

"Aspettiamo di sapere dalle istituzioni interessate cosa è successo davvero a San Martino - conclude Legambiente - e quale sia la natura e il fine di quanto realizzato, ma ha ragione il professor Franco Cambi: occorre che Comuni, Soprintendenza, Parco Nazionale e altri Enti pubblici e le associazioni datoriali, ambientaliste e culturali si mettano a un tavolo per definire come, dove, quando intervenire in aree delicate dal punto di vista storico, culturale e ambientale". 


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