Connessione ancestrale
di Blue Lama - domenica 12 novembre 2023 ore 00:05
“Andate a fare whale watching? Guardate che qui non c’è più nulla, le balene si sono già spostate più a nord”. Con queste parole una tizia con l'accento milanese si approcciò a me e alla mia amica Alberta. Apparteneva a una tipologia di turista ben precisa: il menagramo da viaggio. Colui o colei che incontri per caso lungo un itinerario e che attacca discorso solo per scoraggiare, sulla base di certi suoi misteriosi saperi, una tappa o una visita.
Ci trovavamo in Messico, a Puerto Lopez Mateos, un villaggio della Baja California affacciato sulla laguna Magdalena, sul lato della penisola lambito dall'oceano Pacifico.
Il nostro obiettivo era proprio l’osservazione delle balene grigie. Questi giganteschi cetacei sono lunghi fino a 15 metri e pesano più di 25 tonnellate (un elefante ne pesa appena 4). Ogni Ottobre lasciano il gelido mare di Bering, ai confini con l’Artico, e fanno rotta verso sud. Dopo aver nuotato ininterrottamente per due mesi, raggiungono le lagune tiepide e ricche di nutrimento della Baja California e vi restano fino alla fine di Marzo, un anno per accoppiarsi, l’anno successivo per partorire e allattare i cuccioli in un contesto talmente strategico da giustificare una migrazione di diecimila chilometri.
Le balene grigie appena nate hanno infatti un assetto negativo, tendono ad affondare insomma, e difficilmente riescono a sopravvivere se il parto avviene in mare aperto; invece le insenature basse e salate della Baja California consentono ai neonati di risalire rapidamente in superficie per respirare e, nelle settimane successive, agevolano le madri nell'addestramento della prole. In secondo luogo ai predatori, orche e grossi squali, non piace addentrarsi in acque poco profonde e il pericolo di un loro attacco è limitato. Infine il Messico ha dichiarato le balene grigie specie protetta nel 1946: da allora, è vietato cacciarle ed esercitare qualunque attività che le possa disturbare, circostanza che ha propiziato non solo le fasi cruciali della riproduzione di questa specie, scongiurando un rischio di estinzione elevatissimo, ma anche il rapporto con l'uomo e il fiorire su queste coste di un'economia basata sulla conservazione dell'ambiente.
Alberta ed io avevamo iniziato il nostro viaggio a Tijuana, al confine con gli Stati Uniti, per poi percorrere in auto tutta la Baja California fino all'estremità meridionale. Le strade in questo stato messicano sono ben tenute e quella principale, la Carretera Transpeninsular, attraversa un magnifico deserto roccioso costellato di cactus, da dove si possono raggiungere le località sull'oceano o sul mare di Cortez.
C'è una differenza fondamentale fra praticare il whale watching nella Baja California oppure in altri luoghi del pianeta. Qui non si sale su grossi yacht o motonavi, magari in gruppi di un centinaio di persone, bensì su gommoni o imbarcazioni lunghe al massimo una decina di metri con non più di 10-20 posti. Nel periodo giusto, per incontrare i cetacei, non è necessario navigare per ore: basta allontanarsi dalla costa e sono loro che si avvicinano, spesso affiancati da un cucciolo che ripete ogni movimento dell'adulto.
La mia amica ed io ci eravamo fermate nella laguna di Guerrero Negro e in quella di San Ignacio dove, a bordo di piccole lance, avevamo goduto di numerosi avvistamenti. Ma mai come a Puerto Lopez Mateus l'incontro con le balene grigie è stato tanto ravvicinato.
Dopo appena dieci minuti di navigazione, una balena di sei o sette metri è affiorata in superficie e ha puntato dritto verso la nostra lancia. “Questa viene sempre a salutare, è giovane e molto curiosa“ ha spiegato il timoniere. E infatti la cucciolona si è avvicinata, ci ha squadrato uno ad uno, si è fatta accarezzare, è passata dall'altra parte e poi si è allontanata emettendo uno sbuffo di vapore.
Neanche venti minuti dopo, raggiunto un estuario dove si trovavano già alcuni gommoni, nel giro di pochi secondi siamo stati circondati da decine di balene che emergevano sempre più vicine, alcune sollevando la testa per osservarci, altre sfiorando le nostre mani tese verso l'acqua, altre lanciandosi in spettacolari tuffi all’indietro. Ovunque guardassimo vedevamo soffioni di vapore, enormi dorsi lucenti, salti poderosi mentre le imbarcazioni, molto più piccole delle balene, dondolavano vistosamente fra i colpi di coda. Nessuno di noi ha avuto paura, in quelle evoluzioni non c'era aggressivitá ma la ricerca di un contatto. Dopo qualche minuto, abbiamo smesso di fare foto e video: quei momenti straordinari meritavano di essere vissuti senza distrazioni.
Sulla via del ritorno la prima balena è ripassata a salutare ed è stata calorosamente contraccambiata: se non fosse stato Febbraio, mi sarei gettata in acqua insieme a lei. Poi la lancia è rientrata nel porticciolo e siamo scesi, stravolti e felici. La milanese menagrama, che alla fine era salita in barca, appariva raggiante, esaltata più di tutti.
Le balene grigie conservano nello scheletro i caratteri dei mammiferi più primitivi, ovvero cinque dita nelle natatoie (gli arti con cui battono l'acqua per nuotare) e sette vertebre cervicali separate fra di loro. Per questo motivo vengono considerate meno evolute dal punto di vista acquatico rispetto ad altre specie. Inoltre sono le uniche che amano avvicinarsi alle coste per esplorare baie e bassi fondali, un'abitudine che, secondo alcuni etologi, proverebbe l'esistenza di un legame ancora intenso con la terraferma. Una connessione ancestrale che le balene grigie generano anche con gli esseri umani, quando riescono, anche solo per pochi istanti, a guardarli negli occhi.
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Blue Lama