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Toscana, archeologia e agricoltura

di - martedì 24 marzo 2015 ore 18:45

Una delle cose più sbalorditive della vicenda del Piano paesaggistico della Regione Toscana è il silenzio manifestato dalla cittadinanza toscana. Tomaso Montanari scriveva, alcune settimane fa, che, in caso di referendum popolare, i cittadini toscani avrebbero votato a favore del Piano al 90%. Speriamo che abbia, almeno virtualmente, ragione. 

Io mi concedo il lusso di essere un po’ più pessimista. Al contrario, trovo deludente questo torpore-tepore da parte dei miei concittadini toscani, che vorrei più presenti e decisi, più forti nell’esercitare il diritto di cittadinanza e più consapevoli del loro presente e del loro futuro come del loro passato, fatto di repubbliche, di studenti-soldati, di plebisciti a favore dell’Unità e di antifascismo della mente, del cuore e dell’azione.

In questi giorni si “celebra” il Vinitaly, una delle maggiori manifestazioni enologiche del mondo. Radio24 si chiedeva ieri pomeriggio “perché i francesi si presentano compatti in queste circostanze e gli italiani in ordine sparso”, con ciò volendo criticare l’incapacità a formare coerenza e coesione. A me veniva da chiedermi “perché non presentare al Vinitaly il paesaggio toscano nella sua globalità?”. Il paesaggio, come dimostra il Piano Paesaggistico, è il luogo dei linguaggi condivisi e delle unioni che moltiplicano le forze, non il pantano dei conflitti.

Oggi possiamo dire che fra gli interlocutori preferiti degli archeologi ci sono gli agricoltori in generale e i vitivinicoltori in generale. A Faragola, in Puglia, lo scavo di una grande e lussuosa villa tardo antica (IV-VI secolo d.C.), condotto dall’amico Giuliano Volpe, ha contribuito non solo ad arricchire le conoscenze storico-archeologiche, ma anche alla comunicazione ad un vasto pubblico dei diversi paesaggi stratificatisi nel tempo in quel contesto geografico, attraverso opportune operazioni di musealizzazione. La comunità e classe imprenditrice di locale sono state coinvolte sia attraverso lo strumento delle mappe di comunità sia attraverso l’avvio di produzioni di vini di prestigio, come lo Stibadium, ispirato alla villa di Faragola. Ecco che la campagna torna a legarsi alla storia e alla archeologia dei paesaggi.

All’Isola d’Elba stiamo realizzando un’esperienza analoga, grazie anche alla veggenza e alla curiosità di un caro amico, Antonio Arrighi, che a Porto Azzurro sta sperimentando criteri di coltivazione che credevamo tramontati per sempre.

Ne riparleremo.


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