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Attualità sabato 24 settembre 2022 ore 18:45

La rivolta nel carcere in alcune testimonianze

Foto di: Foto estratte da docufilm silu RAI 2

Il docufilm sulle vicende del carcere di Porto Azzurro ha fatto rivivere una storia che tenne in apprensione tutta l'Italia nel 1987



PORTO AZZURRO — Il docufilm "Porto Azzurro, un carcere sotto sequestro", andato in onda venerdì 16 Settembre su Rai2, curato da Lorenzo de Alexandris e diretto da Jovica Nonkovic, scritto da Alessandro Giordano ed Emanuele Mercurio, ha sicuramente riportato a galla ricordi e flash di quei giorni non solo in chi ha vissuto in prima persona quella vicenda ma anche in tutti coloro che erano legati al paese di Porto Azzurro per vari motivi.

La rivolta armata nel carcere elbano, capeggiata dai terrorista fascista Mario Tuti, tenne con il fiato sospeso il paese di Porto Azzurro, l'Elba e l'Italia intera. Tutti temevano una strage, tutti temevano il peggio ma, fortunatamente, grazie alle capacità di chi era coinvolto in prima persona, e in particolare al direttore di allora del carcere Cosimo Giordano, che era fra le persone prese in ostaggio da un piccolo gruppo di carcerati, si arrivò ad una trattativa accettabile e alla liberazione di tutti gli ostaggi incolumi.

Sul fronte esterno invece chi si fece portavoce della trattativa e addirittura di assecondare la richiesta di un elicottero per la fuga dei rivoltosi, come aveva chiesto Tuti, fu il sindaco di Porto Azzurro Maurizio Papi che aveva al tempo anche il ruolo di medico dentro il carcere oltre a quello di sindaco. Papi ha dichiarato che l'obiettivo primario doveva essere la liberazione degli ostaggi e salvaguardare la loro incolumità evitando un blitz armato all'interno. 

Cosimo Giordano allora direttore del carcere di Porto Azzurro

"Rivedere quelle vicende raccontate in tv ha fatto rivivere quella storia. Il documentario è stato fatto molto bene e ha anche ricostruito il clima che si viveva in quei giorni. Ha suscitato emozioni forti in chi ga vissuto quella vicenda in prima persona come me anche se non ero nel gruppo dei sequestrati. - racconta Salvarore Insalaco, ragioniere del carcere di Porto Azzurro - Quelle immagini riportano a galla i primi momenti di terrore ma anche gli ultimi momenti di gioia con la liberazione degli ostaggi e la corsa e l'abbraccio dei familiari fuori dal Forte al momento della loro uscita ma il timore era che se fossero intervenute le forze speciali all'interno la vicenda si sarebbe trasformata in una tragedia". 

"Sono cose forti che mettono a dura prova le persone perché finché non ti trovi davanti prove così come quelle vissute soprattutto da parte dei sequestrati non sai se veramente sei una persona forte o no. Ho vissuto con apprensione quei giorni e dall'interno, anche se non ero tra i sequestrati ma un legame di amicizia mi legava al direttore del carcere e alla sua famiglia. Io vivevo all'interno delle mura del carcere e ci vivo anche ora. Lavoro ancora nel carcere, andrò in pensione il prossimo anno ma, anche se sono di origine siciliana rimarrò all'Elba", conclude Insalaco, per sottolineare il forte legame che si è creato con il paese di Porto Azzurro.

"È stato un racconto molto avvincente e abbastanza aderente alla realtà quello del docufilm sulla rivolta del carcere di Porto Azzurro andato in onda in tv. - spiega Domenico Zottola che a quel tempo aveva preso servizio in carcere come educatore e che, saputo della rivolta, si affrettò a tornare a Porto Azzurro per seguire da vicini l'evoluzione delle vicende".

"Certo nel docufilm non si poteva rappresentare tutta la complessità della situazione - aggiunge Zottola - e quindi il ruolo di alcune persone è rimasto un po' nell'ombra, come quello dell'allora sostituto procuratore Cindolo, che indavaga sul reato compiuto dai carcerati, e che riuscì a mantenere aperto, in pratica sul nulla, soprattutto per i primi tre giorni, un canale di comunicazione tra fuori e il carcere. Poi dalle testimonianze del documentario e dallo stesso Mario Tuti si capisce che in realtà il vero leader della situazione era Mario Rossi, personaggio molto conosciuto a livello penitenziario mentre Tuti era conosciuto a livello pubblico e mediatico e quindi fu dato maggiore risalto anche dalla stampa a Tuti ma in realtà il vero capo era Rossi". 

"Sono passati tanti anni ma rivedere quella storia mi ha comunque provocato forti emozioni soprattutto perché c'era un clima di tensione: si temeva un intervento delle forze speciali che erano ammassate fuori dal carcere e che fremevano per intervenire. Ma sapevamo che un intervento di quel tipo avrebbe causato una tragedia. - spiega Zottola - I familiari erano contrari e in grande apprensione per questa ipotesi". 

"Poi c'è una curiosità che è emersa dopo la messa in onda del docufilm. Infatti mi è capitato che alcuni turisti mi abbiano riconosciuto e mi hanno detto che sono rimasti con il fiato sospeso a seguire il racconto che hanno giudicato molto avvincente dal punto di vista narrativo", conclude Zottola.

"Ero una ragazzina di 12 anni e vivevo a Piombino ma essendo nata da genitori elbani poi trasferitisi per lavoro alle acciaierie, ogni sabato e nei periodi du vacanza tornavo sempre all'Elba dai miei nonni. Quell'estate del 1987 fu un po' particolare perché a Maggio era morto mio nonno e quindi a casa mia c'era un clima di dolore. Un giorno di Agosto una cugina di mia mamma che aveva due figlie, di cui una della mia età venne a trovarci e mi disse se volevo stare qualche giorno a casa sua a Porto Azzurro. Io ero contenta e quindi andai. Ma mentre ero lì successe un fatto abbastanza insolito. Uscivamo e andavamo al mare con mia cugina ed i suoi amici ma ad un certo punto ci fu detto da sua mamma che non potevamo più uscire. Ci raccontarono in un primo momento che era successo qualcosa nel carcere, una rivolta armata e che una persona era fuggita o così temevano per cui l'ordine era di stare in casa.

Avevano paura che qualcuno fosse uscito e che potesse sequestrare magari altre persone in strada per poi avere un modo per garantirsi la fuga dall'isola. Mi ricordo che si era diffusa questa voce di stare in casa ed evitare di uscire. Fu per noi giovanissimi una cosa curiosa di cui allora non ci rendevano bene conto. Quei giorni a Porto Azzurro ci ritrovavamo insieme ai coetanei in una casa per passare il tempo guardavamo film con il videoregistratore. Sentivamo gli elicotteri passare sopra le nostre teste.

Poi la sera i grandi guardavano il Tg con apprensione ma noi non ci rendevamo conto della gravità della situazione. Poi dopo alcuni giorni tornai a casa dai miei e in seguito seppi che tutto era finito e che non c'erano stati morti ma in realtà come si fosse arrivati a una conclusione positiva della vicenda l'ho saputo solo dopo aver visto il docufilm andato in onda in tv alcuni giorni fa".

Questa è la testimonianza di una ragazzina del tempo che per caso nel 1987 si trovava a Porto Azzurro durante i giorni della rivolta nel carcere. 

In tutta questa vicenda colpisce il finale contrastante con il direttore del carcere Cosimo Giordano,  punito e condannato ma in seguito riabilitato anziché premiato per aver saputo gestire la vicenda senza conseguenze tragiche, e la sorte del terrorista Tuti attualmente in regime di semilibertà e, durante il periodo Covid, addirittura ospite di un agriturismo di un suo amico, che racconta fiero quello che è accaduto.

Il docufilm può essere rivisto a questo link.

Valentina Caffieri
© Riproduzione riservata


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