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Attualità venerdì 24 settembre 2021 ore 17:25

Zone di tutela biologica, nessuna gestione locale

Legambiente interviene per spiegare la differenza fra aree marine protette e zone di tutela biologica e opportunità delle prime per l'economia



ISOLA D'ELBA — "Non è vero che le Zone di tutela biologica sostituiscono le Aree marine protette e sono gestite localmente. E’ vero il contrario", lo sottolinea Legambiente Arcipelago Toscano in una nota.

"L’intervento di Giovanni Frangioni - proseguono da Legambiente - ha riacceso il dibattito sull’istituzione dell’area marina protetta dell’Arcipelago Toscano, ma dispiace leggere che, a distanza di tanto tempo (1982, 39 anni) da quando lo Stato Italiano ha deciso di istituire l’Area marina protetta dell’Arcipelago Toscano e a 30 anni dall’approvazione (all’unanimità) della legge 394/91 sulle Aree protette, rimanga così grande la disinformazione e la confusione su questo strumento e le realtà che già lo applicano, tanto che si leggono ancora interventi “interessati” che puntano a disinformare i cittadini oppure di chi asserisce di aver fermato da solo l’istituzione dell’Area marina protetta a mani nude, mentre in realtà si tratta di uno scandaloso esempio – a livello internazionale – di vigliaccheria politica e di infingardaggine burocratica che l’Italia non potrà protrarre per sempre perché sarà chiamata a rispettare la nuova direttiva Europea Biodiversità che prevede che venga protetto con aree marine il 30% del mare nazionale. Lo stesso chiede la Convention on Biological diversity dell’Onu con il nuovo quadro per la biodiversità che l’Italia ha contribuito a realizzare."

Secondo Legambiente quindi "erroneamente, o volutamente, si continua a far confusione contrapponendo Aree di tutela biologica e Aree marine protette come se fossero due strumenti di gestione intercambiabili e alternativi. Non è così. Ci troviamo quindi costretti a riproporre quanto scrivemmo nel gennaio 2021, dopo le deliberazioni di alcuni Enti locali elbani, basate su “sentito dire” e che sin sono dimostrate pura propaganda politica priva di fondamento prive di fondamento normativo e che non reggono a verifiche".

Legambiente spiega che "recentemente anche i Comuni di Porto Azzurro e Campo nell’Elba hanno fatto, con atti ufficiali, dichiarazioni errate sui possibili pericoli delle Aree marine protette per il turismo – che invece è in crescita in praticamente tutte le 30 aree marine protette istituite in Italia – e la pesca, che invece per i pescatori locali si sta rivelando molto più fruttuosa e “sicura” dove ci sono aree marine protette ben gestite".


"Le Aree marine protette (AMP) - rimarcano da Legambiente - non precludono la pesca nelle zone C e D (la grande maggioranza per estensione)
e per alcuni attrezzi e pesche a volte anche nella zona B, si pesca, e si sono mostrate efficaci per l’incremento di biodiversità e biomassa. Aree marine protette come Torre del Cerrano, in Abruzzo, di Torre Guaceto, in Puglia, e Capraia nell’Arcipelago Toscano hanno sperimentato con successo attività di gestione della pesca, creando nuove opportunità di mercato per la piccola pesca artigianale locale e, nel caso di Capraia, anche di acquacoltura sostenibile. In base all’ultimo aggiornamento (D.M. 22/01/2009) nei mari italiani ci sono 12 Zone di Tutela Biologica (ZTB), come si può oggi configurare l’Area di tutela biologica delle Ghiaie – Scoglietto – Capo Bianco – istituita all’Elba nel 1971 – che somiglia molto a una zona “Entry no-touch” di una zona A/B di una AMP – e affidata alla Capitaneria di Porto, non al Comune di Portoferraio".

"Come evidenzia il Comitato TAG Costa Mare, le Zone di Tutela Biologica ZTB sono tratti di mare riconosciuti in base a studi tecnico-scientifici come aree di riproduzione o accrescimento di specie marine di importanza economica, o come aree impoverite da un eccessivo sfruttamento dalle attività di pesca (DPR 1639/1968). A differenza delle Aree Marine Protette (AMP), le ZTB rappresentano misure gestionali volte più alla conservazione degli stock ittici di quelle specie che hanno un interesse commerciale, piuttosto che alla conservazione della biodiversità, del capitale naturale e dell’integrità degli ecosistemi marini. Le ZTB non hanno quindi scopi più ampi di conservazione, tutela e gestione sostenibile dell’ecosistema marino.
le ZTB sono infatti strumenti di regolamentazione non alternative ma complementari alle Aree Marine Protette", aggiungono da Legambiente.


"A chi vuole Zone di tutela biologica in contrapposizione all’Area marina protetta “calata dall’alto” (dopo 39 anni? Sic!), ricordiamo - proseguono da Legambiente - che – al contrario delle Aree marine protette che sono affidate in gestione ai Comuni o, dove c’è, al Parco Nazionale, nel quale i sindaci (anche se fanno sempre finta di non saperlo) hanno la metà dei componenti del Consiglio Direttivo e 10 rappresentanti su 11 in Comunità del Parco – le Zone di tutela biologica sono definite dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, senza gestione, e non dai Comuni (che non hanno competenza diretta sulla tutela del mare) come si vorrebbe far credere agli elbani, pensando che abbiamo l’anello al naso".

"Invece, si continua a presentare le Zone di Tutela Biologica come uno strumento alternativo all‘Area Marina Protetta e istituito, perimetrato e gestito dai Comuni. Un’affermazione tanto falsa quanto più volte ripetuta, purtroppo anche da Sindaci e Associazioni. - rimarcano da Legambiente - AMP e ZTB sono due strumenti differenti che hanno scopi differenti e che, tra l’altro, potrebbero anche coesistere. Non a caso nell’AMP di Miramare (Trieste) la ZTB costituisce una zona di protezione esterna. A differenza dell’Area di tutela biologica di Portoferraio, le ZTB sono ormai soprattutto aree di mare aperto, di solito molto ampie, regolamentate legislativamente e istituite dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, per salvaguardare e ripopolare le risorse marine in relazione alla necessità di avere una costante presenza di prodotto per una migliore gestione economica della pesca. Per le ZTB non è prevista nessuna forma di gestione locale. Non è prevista, infatti, alcuna politica di valorizzazione dei luoghi e tantomeno di salvaguardia naturalistica per motivi legati alla tutela della biodiversità. Conseguentemente le ZTB non hanno collegamenti con i settori del turismo e della fruizione del mare a fini diportistici e ricreativi. La ricerca scientifica che vi si svolge è finalizzata al miglioramento della produzione ittica e poche sono le opportunità di avere risorse, anche solo per ricerche scientifiche o per mettere una boa. Nulla a che vedere quindi con l’istituzione di una AMP, che, invece costituisce uno strumento di pianificazione e programmazione che investe tutta la comunità per migliorare lo sviluppo locale in termini di sostenibilità". 


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