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Attualità domenica 15 giugno 2025 ore 12:50
Il canoro e romantico Passero solitario

Specie amante di Scogliere, rupi, torri antiche e celebrata dai poeti. Riflessioni di Antonello Marchese e Giorgio Paesani
PORTOFERRAIO — D’in su la vetta della torre antica,
Passero solitario, alla campagna
cantando vai finché non more il giorno;
ed erra l’armonia per questa valle.
Primavera dintorno
brilla nell’aria, e per li campi esulta.
Così inizia una delle più celebri poesie di Giacomo Leopardi, intitolata proprio al Passero Solitario, specie che frequenta anche la nostra isola e che mi è capitato di documentare diverse volte con la macchina fotografica, con l'ultimo scatto dedicatogli effettuato la sera del 31 maggio scorso presso la torre della rocca del Volterraio.
In questa canzone libera Leopardi parlava della sua solitudine di individuo, giovane studioso e persona sensibile, distante dagli altri, isolato dallo studio matto e disperatissimo, solo proprio come apparentemente sembra il passero solitario, ma mentre per l'animale questa sarebbe una condizione naturale, per il poeta sarebbe stata una dolorosa forzatura.
Il Leopardi deve aver osservato dal vivo e conosciuto probabilmente più volte questa specie, sicuramente un tempo ancora più comune e diffusa di quanto lo sia oggi, sul campanile della chiesa di Sant'Agostino di Recanati, detta oggi appunto “la torre del Passero Solitario”, ma che forse frequentava anche il campanile della chiesa di Santa Maria di Montemorello, proprio di fronte alla casa del poeta. La specie è amante di luoghi alti e isolati, falesie costiere, rupi svettanti, torri e sommità di rovine, ma anche di campanili, chiese, sommità di monumenti e di vecchie case.
Ma la solitudine – apparente, come sappiamo – del Passero Solitario, ancor prima della celebrazione leopardiana non era una novità per il mondo letterario e nei testi poetici ed è citata nei salmi biblici et factus sum sicut passer solitarius in tecto (Ps. 101, v. 8) e ancora dal Petrarca nel sonetto 226 del Canzoniere Passer mai solitario in alcun tetto, dove il poeta aretino si immedesima in questa specie singolare per il suo isolamento, e se vogliamo, per il bel canto.
Ancora la figura sola e armoniosa di questa specie ornitologica ritornerà nella poesia di Giovanni Pascoli Il Passero Solitario (Myricae, 1897), dove è paragonata ad una monaca di clausura che nel suo isolamento suona l'organo all'interno delle mura del convento, e poi nell'opera in Eugenio Montale, argomento approfondito dalla studiosa Cecilia Gibellini. In Montale il nostro passero comparirà a più riprese, anche con il termine ligure di merlo acquaiolo (che in realtà, denominazione regionale a parte, sarebbe un'altra specie) e addirittura il poeta ligure sarebbe intervenuto in una chiosa esplicativa, per chiarire come molti commentatori avessero creduto che nella poesia di Leopardi si parlasse semplicemente di un passero comune e per lodare gli antologisti Pietro Pancrazi e Manara Valgimigli, autori di un'Antologia di Scrittori Italiani e Stranieri (Le Monnier 1948), che avevano finalmente definito l'identità del passero leopardiano:
La cosa che colpisce, e fa piacere, è che gli antologisti si siano dati la pena di chiarire, per bocca dell’ornitologo Paolo Savi, lo status naturale di questo uccello tanto amato dai poeti. "Differisce dai comuni passeri perché di questi più grande e grosso, quasi tordo, e canta disteso, mentre quelli cinguettano; e ama luoghi remoti e alti, grandi massi, mura diroccate, antiche torri".
Non fa parola del colore, ch’è azzurro-lavagna; ma per il resto non poteva dir di più e di meglio in poche parole.
Montale conosceva bene il Passero Solitario avendolo osservato più volte nei suoi soggiorni presso le Cinque Terre e addirittura non riusciva a perdonarsi la colpa di averne ucciso uno fermo sull'asta della bandiera da giovane, pazzo di gioventù, (Annetta in Diario del '71 e '72 e Una malattia in Poesie disperse).
Anche gli omicidî entrano
nel fatturato del prodotto
ma io ho ucciso solo due tordi
e un passero solitario
mezzo secolo fa
e se anche il giudice chiuderà un occhio
non potrò fare altrettanto
affetto come sono dall’incurabile
imperdonabile malattia
della pietà.
Personalmente l'ho osservato dal mare lungo le scogliere del Golfo di Portoferraio, tra Punta Pina e l'Ottonella, puntino blu cobalto sulle pietre rosate, sulle rupi granitiche del Monte Capanne, sulle rocce aspre e rossicce di diaspro del Volterraio e sulle sommità della fortezza che le sormonta, ma anche sulla lanterna del faro di Portoferraio, presso il Forte Stella. Sono tra le zone più belle dell'isola, scogliere, pareti di roccia verticale dominate anche da suggestive mura e rovine, luoghi tranquilli, selvaggi e se vogliamo facenti parte dei paesaggi “romantici”, per indicare quelli che erano preferiti dai pittori romantici, ritornando idealmente a Giacomo Leopardi e al suo periodo artistico e letterario.
E la nota blu del piumaggio del maschio del passero solitario - la femmina è simile ma di un elusivo grigio-bruno - potrebbe starci in un quadro di qualche pittore romantico del periodo della ricerca del sublime.
Non facilissimo da documentare appena si accorge di essere inquadrato nel mirino fotografico vola via per cui richiede appostamenti o, anche con un buon teleobiettivo, è necessario scattare rapidamente al momento dell'avvistamento, prima che voli via, confermando così la sua natura giustamente diffidente e solitaria.
Antonello Marchese - Fotografo di Natura e Guida Ambientale. Promotore dell’azione Elba Foto Natura, nell’ambito dei progetti della Carta Europea per il Turismo Sostenibile per il Parco Nazionale Arcipelago Toscano.
Il Passero solitario, un principe azzurro in cerca di castelli
Il Passero solitario (Monticola solitarius) è un passeriforme legato alle falesie mediterranee; aree rocciose caratterizzate da temperature calde e miti anche in inverno. Difficilmente supera i mille metri di quota e in genere si concentra in altitudini inferiori ai duecento metri.
Frequenta volentieri le scogliere rocciose delle nostre isole, ma anche castelli, ruderi e altre costruzioni umane. Nel suo ambiente elettivo il Passero solitario caccia grossi insetti ma anche vertebrati con una particolare predilezione per le lucertole.
Predilezione “di comodo” perché proprio le lucertole abbondano negli ambienti rocciosi bene illuminati, aperti e scaldati dal sole. Una nicchia ecologica ben delineata.
È sedentario in buona parte del suo areale, effettuando spostamenti di breve distanza (spesso semplici abbassamenti di quota) negli inverni più freddi e nelle zone di montagna. Dalle nostre parti le coppie non abbandonano mai i loro territori.
Il Passero solitario è una di quelle specie che osservi quasi per caso e ti lascia di sasso. Il maschio in primavera sfoggia un meraviglioso piumaggio azzurro e la sua abitudine a lanciare il suo canto melodioso e un poco malinconico dalla cima di (torre antiche) picchi rocciosi e scogli aiuta a contattarlo, specie in primavera. La femmina, invece, è schiva e invisibile come il suo piumaggio grigio.
Oltre alle scogliere e alle rupi interne, il Passero solitario è legato anche a ruderi e fortezze che abita volentieri a condizione che offrano cavità per nidificare, una ricca e abbondante microfauna e la tranquillità necessaria, ad un solitario di nome e un po’ anche di fatto, per allevare la prole.
E qui iniziano i problemi, per questo splendente passeriforme! La ristrutturazione dei ruderi, la frequentazione delle falesie da parte di arrampicatori della domenica, la fruizione pubblica, specialmente in primavera e inizio estate, di rupi e castelli prima tranquilli e solitari diventano fattori limitanti.
Il Passero solitario, principe azzurro dei luoghi tranquilli e remoti, è il piccolo, colorato, misterioso portavoce di una necessità: che non tutto sia frequentato, che non tutte le rocce e gli antichi sentieri siano calpestati, che resti una rupe, una scogliera, un antico castello dalle cui “vette” un principe azzurro, insettivoro di nicchia, adattato ad un ambiente e ad un clima non massificato, non calpestato, non ingoiato e mal digerito, continui a far riecheggiare il suo canto malinconico.
Giorgio Paesani - Ornitologo
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