Ricorrenze e celebrazioni
di Libero Venturi - domenica 28 marzo 2021 ore 07:30
In questi giorni diverse ricorrenze si sovrappongono e si sommano. Domenica 21 Marzo ad esempio era la “Giornata internazionale per l'eliminazione della discriminazione razziale” istituita dalle Nazioni Unite in ricordo del massacro di Sharpeville, in Sudafrica: il 21 marzo 1960 sessantanove manifestanti, che protestavano contro l'apartheid, furono uccisi. Ma nessuno, nessun organo politico o di stampa se l’è filata. Giustamente, perché il razzismo, l’odio razziale e l’ingiustizia sono ormai superati e sembra brutto parlarne ancora. Del resto io stesso ho scoperto questa ricorrenza per caso, consultando un testo tanto fondamentale, quanto raro: il Calendario di Linus.
Ma il 21 marzo era anche la “Giornata mondiale della sindrome di Down”, ricorrenza sancita da una risoluzione dell'Onu per promuovere i principi di consapevolezza, rispetto e inclusione verso le persone diversamente abili. E saddio se ce n’è bisogno in questo mondo discriminante.
Inoltre era in preparazione anche la “Giornata mondiale dell’acqua” che ricorre il 22 marzo. Diversi spot di pubblicità-progresso ci hanno ricordato il valore dell’acqua e quanta ne consumiamo e sprechiamo per i nostri usi e consumi distorti, spesso condizionati dalle politiche delle multinazionali, a fronte di tante popolazioni che invece non ne hanno accesso. L’intento è quello di affermare il concetto dell’acqua come bene pubblico, per tutti. E saddio se ce n’è bisogno in questo mondo ingiusto e sfruttato.
Però questo affastellarsi di ricorrenze così importanti non giova alla loro causa. Non potrebbero le Nazioni Unite e i Paesi membri stabilire giorni commemorativi più distanti tra loro, lasciando in mezzo settimane di riflessione perché possiamo parlare e magari pensare più a lungo su questi temi decisivi per il senso stesso del nostro essere umani, ancorché abitanti del pianeta Terra?
Poi nel 2021 sono 700 anni dalla morte di Dante e per ricordare colui che rappresenta la nostra identità nazionale, linguistica e culturale, numerose sono le iniziative. A partire dall’immancabile e attesa “Lectura Dantis” di Roberto Benigni che, dalla parodia dissacrante del “sommo poeta” frainteso come “insomma poeta” dei tempi di “Telepatria international” con Renzo Arbore, è diventato lettore istituzionale e accreditato della Divina Commedia.
Dante è un patrimonio della letteratura e della cultura mondiale. Ci sono molti modi di «avvicinare ancora di più Dante alla gente» come auspica il ministro Franceschini e nel mio piccolo vorrei dare anch’io qualche suggerimento modesto, ma non convenzionale. Del resto di Dante si è occupato perfino Paperino! Consiglio la lettura di due romanzi: “Il circolo Dante” e “La camera di Dante”. Due noir avvincenti del giovane scrittore e critico letterario statunitense, Matthew Pearl, ambientati il primo nell’America post guerra civile, il secondo nel Regno Unito in epoca vittoriana e basati su riferimenti danteschi: i delitti narrati nei romanzi sono ispirati infatti ai tormenti descritti nella Divina Commedia. Un po’ come nel famoso e reclamizzato “Inferno” di Dan Brown, ma l’opera di Pearl è superiore da un punto di vista letterario e soprattutto meno virale. Di virus abbiamo già il Covid, una pandemia basta e avanza. A Pearl, vincitore del “Dante Prize” della “Dante Society of America”, autore documentatissimo, piace giocare con la letteratura e i letterati che coinvolge nelle torbide e misteriose vicende dei suoi romanzi.
Sempre restando in America ci sarebbe “La mano di Dante” di Nick Tosches, autodidatta erudito, giornalista, critico musicale, biografo ed esperto dantista da non molto scomparso. Nel romanzo si intrecciano due storie, una nel presente, l’altra nel medioevo. Nella prima l’autore stesso interpreta il protagonista: Nick, un personaggio sbattuto dalla vita, dall’alcool e dal diabete che ha a che fare con un pezzo grosso della mafia entrato in possesso di quello che potrebbe essere il manoscritto originale della Divina Commedia. Nell’altra Dante Alighieri si trova in un momento di blocco creativo presso un cabalista ebreo di nome Isaia. Inferno e Paradiso si alternano nel romanzo: dai versi di Cielo d’Alcamo -quello di “rosa fresca aulentissima”- ai delitti più efferati. Un romanzo improbabile, quanto intrigante. Johnny Depp ne ha comprato i diritti per una trasposizione cinematografica e forse ne risentiremo parlare.
E poi, ancora nel mistery dantesco, abbiamo Francesco Fioretti con “Il libro segreto di Dante”. Uno di quei tomi che trovi alla Coop con la copertina carto-patinata e l’orribile bollino adesivo con lo sconto che ti tocca staccare piano piano per non sciuparla e a cui non daresti un duino, ma lo compri solo per passare un po’ di tempo in compagnia di un libro e invece si rivela niente male. Dante è davvero stato ucciso dalla malaria? Perché aveva deciso di nascondere gli ultimi tredici canti del Paradiso? Chi voleva impedire al sommo poeta di portare a termine la sua opera? Vicende reali e personaggi di fantasia, trame misteriose e incredibili sullo sfondo della crisi politica ed economica del Trecento.
Ovviamente tutto ciò è detto e vale per noi lettori di bocca buona che tutto facciamo pur di evitare saggi, pamphlet storici e altra roba seria. Del resto chi sono io per consigliare delle letture? Nessuno. Perché consiglio quei libri? Perché sono quelli che ho letto, quando scrivevo di meno e leggevo di più -che era meglio- e mi hanno fatto venire voglia di procurarmi la Divina Commedia -cosa che ho fatto- in una bella e popolare edizione in tre volumi che ho riletto non certo tutta, ma qua e là spesso e volentieri. Bella l’edizione della Bur, presa con il Corriere della Sera, un solo difetto: troppe note! Comunque alla fine, per “avvicinare Dante” forse è la cosa migliore, la più semplice e più sicura.
Ma non basta! In questo periodo la televisione celebra anche il genio di Leonardo con uno sceneggiato a puntate. Già con la prima un successone di ascolti. Molta fantasia, ben oltre la storia. Il Da Vinci appare cupo e infelice, misterioso ed enigmatico; se ne affronta pure l’omosessualità. Non si capisce ancora com’è che è divenuto un genio, ma si vedrà, speriamo, nelle prossime puntare. Matilda De Angelis, la giovane sveglia e brava diva del momento, interpreta la modella Caterina da Cremona che gli sta a fianco e con cui si snoda una storia di amore non ricambiato, di amicizia e di morte. Una figura inventata dagli sceneggiatori. Del resto la De Angelis, intervistata da Mara Venier a “Domenica in”, ha affermato con ilarità e disinvoltura: «non è che se po’ fa’ ‘na rottura de’ palle su Leonardo Da Vinci», volendo dire che si tratta di una serie tivvù romanzata, una fiction e non un documentario. In effetti tutta questa cultura assunta in dosi massicce non c’abbia a fa’ male!
Mara Venier, alla battuta della Matilda, si sbellicava da ridere e, non riuscendo a smettere, ha mandato in onda la clip sulla serie. La zia Mara che rappresenta tutti gli italiani, angosciati dalla pandemia e chiede a ministri e sottosegretari -che le rispondono- di fare presto con il vaccino perché non se ne può più! È l’alternativa Rai alla Barbara D’Urso, l’illuminata di Mediaset, la preferita di Zingaretti -non l’attore- a cui invece la Venier manca. Comunque avrà tempo per rifarsi, il Nostro, se non altro come presidente della Regione Lazio. Perché ci si lamentava della longevità televisiva di Pippo Baudo, ma anche la Mara nazionale non scherza! Con la Matilda hanno parlato en passant di misure di petto e reggiseni, le donne lo sanno fare con grazia. Fossero stati due uomini a confronto chissà cosa sarebbe venuto fuori.
Comunque, Mara o non Mara, il vaccino come anziano ultra settantenne ancora non mi tocca. Tanti, più giovani di me, l’hanno fatto, mentre è ancora bassa la percentuale di ottantenni a cui è stato inoculato. Le categorie di età più a rischio, quelle che muoiono, sono in percentuale le meno vaccinate d’Italia, a proposito dei sentimenti di uguaglianza, giustizia e solidarietà che l’insorgere della pandemia avrebbe dovuto ispirarci. Il primo uomo ad essere vaccinato in Inghilterra è stato l’ottantunenne William Shakespeare, si chiama proprio così. Noi, per non essere da meno, in occasione delle celebrazioni dantesche dovremmo vaccinare uno che si chiama Dante Alighieri -ci sarà in tutta Italia- una persona possibilmente anziana oppure appartenente alla categoria degli “omonimi illustri”. Tanto, una più o una meno. Ma le categorie dei dipendenti dei supermercati alimentari, dei bancari, degli operatori ecologici, degli operai -questi sconosciuti- insomma di coloro che hanno sempre lavorato durante la pandemia, non avrebbero diritto al vaccino? E io a che categoria professionale o esistenziale mi devo iscrivere per venire vaccinato? Potrebbe andare quella dei “ragazzi del ‘68”? Fragili o fracidi, siamo una generazione che ha sofferto di una grande disillusione, rendeteci immuni almeno dal resto! Mi dicono però che in questi giorni sta circolando una tabella per le fasce di età 60-79 -sono fasce elastiche- e ad aprile potremmo prenotarci al numero verde governativo. Consulterò quindi la tabella con ansia e con la speranza di poter finalmente uscire “a riveder le stelle”, anzi, “puro e disposto a salire alle stelle”,addirittura “mosso dall’amor che muove il sole e l’altre stelle”. O gran padre Dante! Per aspera ad astra-zeneca. Dalle stalle alle stelle. O era viceversa? Forse andata e ritorno. Buona domenica e buona fortuna.
Libero Venturi
Pontedera, 28 marzo 2021
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Roberto Benigni interpreta Dante con Renzo Arbore
“Telepatria international ovvero niente paura siamo italiani”, Rai 1981
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Libero Venturi