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Attualità martedì 16 settembre 2025 ore 09:00

In ricordo dell'amico Franco Olivari

Franco Olivari

"Al mio amico Fagiolo, il corsaro pirata anarco-Juventino", il ricordo di Umberto Mazzantini



MARCIANA MARINA — "Un giorno, eravamo bimbetti, sulla punta del Moletto del Pesce attraccò un veliero che sembrava una nave pirata e dalla scaletta scese a petto nudo e abbronzato un ragazzo bello e muscoloso, con la sigaretta a traverso su una bocca da sorriso di ritorno a casa, uno che sembrava un corsaro di un romanzo di Salgari. Io non lo conoscevo, ma i cotonesi più cotonesi di me sì: era Franco Olivari, uno dei figlioli del Colonnello, quelli che stavano nella casa con i muri dipinti di nero e ora scorticati del Cotone, quella che le onde del mare in burrasca imballavano e imballano come una zattera di naufraghi". 

Si apre così una lettera aperta di Umberto Mazzantini per ricordare l'amico scomparso.

"Era Fagiolo, il più Fagiolo della dinastia dei Fagioli che continua a Marciana Marina come una catena di nascite e ricordi. - prosegue la lettera - Quel giovane bellissimo, un po’ Che Guevara e un po’ attore di Cinecittà, sarebbe presto diventato, forse per vicende amorose che non mi ha voluto mai davvero raccontare, il barbiere barbuto e capellone, juventino e anarchico, che rimase un po’ pirata, ma anche una via di mezzo tra Bakunin e Marx, una vita sospesa tra Tuttosport e la Gazzetta e i sacri testi dell’anarchia, tra le liti furibonde e le prese per il culo dei pre e post partita, mentre Fagiolo roteava il rasoio sotto il mento del malcapitato che aveva deciso di farsi la barba dopo una sconfitta della Juve o una vittoria con un rigore “rubato”".

"Un’esperienza terrificante che una volta toccò anche a me che ero andato a farmi radere solo godermi la corrida dopo una sconfitta della Vecchia Signora con la Viola. - prosegue Mazzantini - Franco Fagiolo mischiava Lippi e Cafiero (quello anarchico, non quello dell’Audace), ma preferiva sicuramente l’ex allenatore dell’Italia e della Nazionale del quale era amico. Anche se Fagiolo ha iniziato i maschi di mezzo paese alla lettura dei giornaletti porno, con me l’amicizia cominciò con i libri, mi chiese se avevo qualcosa di anarchico, io gli spacciai per anarchico qualche romanzo sudamericano che non gli piacque, e qualche classico comunista, compreso il “Diario del Che in Bolivia”, che gli piacque molto. Gli regalai una volta un libro di Eduardo Galeano che raccontava di epiche partite di calcio in Argentina giocate con il coltello tra i denti e la pistola in mano, di arbitri prigionieri, di calciatori zoppi e orbi, non gli garbò nemmeno quello e me lo restituì neanche sgualcito, come se avesse letto solo la prima pagina e poi avesse desistito davanti a quel calcio straniero. Per lui il calcio erano la Juve e la sua barberia, il prima e il dopo partita, il Generale e Umberto il Perugino o Lucianone, gli sfottò e gli scherzi feroci che gli facevano quando la Juve perdeva con l’Inter o con il Milan, o peggio con la Fiorentina, e lui chiudeva per prudenza e per lutto sportivo anche il martedì, trovando magari la porta del salone dipinta coi colori avversari".

"Il nostro rapporto di amicizia rischiò di incrinarsi quando Fagiolo mise su in barberia una specie di scuola di scacchi nella quale insegnava, e vinceva, tra una barba e un taglio di capelli e tra uno shampoo e una frizione. - racconta Mazzantini - Dopo avermi tosato, mi chiese se sapevo giocare e se volevo anche io fare una partitina, risposi: “proviamoci, ma non so’ molto bravo, gioco qualche volta contro il mi’ figliolo Thomas ma vince quasi sempre lui”. Fagiolo perse la prima, chiese la rivincita e la perse. Alla terza partita, mentre annunciavo un rapido scacco matto, e mentre sulla faccia degli avventori i sorrisetti nascosti si allargavano verso la presa di culo imminente, il Perugino ebbe la malaugurata idea di dire al barbiere anarco-juventino: “l’hai trovata la scarpa pel tu’ piede!” Fagiolo spazzò via la scacchiera con una manata e mi mise alla porta, ma si scordò di farmi pagare i capelli. Arrivato di fronte alla Chiesa, dopo nemmeno venti metri, me ne accorsi e mi toccò tornare sui miei passi per saldare il dovuto. Fui accolto da Fagiolo che mi disse “scusa cugio”, come se niente fosse successo. E niente era successo".

"Con Franco, che aveva il dono dell’ironia fin dal tono di voce e nel riso, abbiamo parlato di cose assurde e semplici, spesso irripetibili, di cose complicate nelle quali lui a volte si intramagliava, di ricordi e affetti, di amori e donne, di segreti familiari, di una Marciana Marina che non c’è più ma che è eterna e della quale lui, forse suo malgrado ma non troppo, forse senza saperlo, ha incarnato quello spicchio d’anima particolare, primigenia, che è la cotonesità. - prosegue Mazzantini - Eppure, il suo luogo dell’anima, quello dove andava a leggere qualcosa e a bere vino e fumare da solo, era la chiesina dell’Anime del Purgatorio, a picco sulla spiaggia della Crocetta e che ha come balaustra una vecchia e bassa muretta che la separa dal mare immenso che un tempo navigò quel bellissimo corsaro dei miei ricordi di bimbetto. Franco Fagiolo è morto come avrebbe voluto, senza dolore e senza dar noia, come mi aveva raccontato di voler fare tre giorni fa mentre ci eravamo fermati a parlare all’incrocio fra via Garibaldi e Viale Cerboni. Se ne è andato proprio in via Garibaldi, nel Vicinato del nostro paese, dopo forse aver fatto barba e capelli a qualcuno, da barbiere itinerante come era diventato". 

"Ci ha lasciati all’improvviso, nel cuore della Marina, sulla strada di casa che porta al mare e agli scogli pallidi del Cotone, alla casa nel quale il suo fantasma vivrà in eterno in mille foto e cartoline. Ha lasciato un vuoto enorme e sgomento in tutto il paese, come solo i grandi personaggi sanno fare. Ci ha ammutoliti, pietrificati. Lo credevamo eterno, come un monumento vivente a qualcosa che siamo un po’ tutti e che non sappiamo dire. Fagiolo tornerà ogni notte nel fiordo casalingo del Cotone, con il suo veliero da pirati e le bandiere bianconera e anarchica sul pennone, giocheremo una partita a scacchi e lo lascerò vincere in eterno. Leggeremo insieme Galeano e scoprirà quanto è bello. Ciao, compagno", conclude Mazzantini.


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