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Attualità giovedì 31 marzo 2022 ore 09:06
Il falco di palude nella zona umida di Mola
La presenza sempre più numerosa di avifauna rara evidenzia la rinascita della zona umida elbana e la sua importanza
CAPOLIVERI — "A Mola, la piccola ma importantissima zona umida nel Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, ai confini tra i Comuni di Capoliveri e Porto Azzurro, all’Isola d’Elba, è tornata la primavera e ha portato con sé gli uccelli migratori, i messaggeri della rinascita di un habitat insulare unico che era stato devastato da usi impropri e da un’incuria durata troppi anni. Uno spreco di bellezza".
Lo fa sapere attraverso una nota Legambiente Arcipelago Toscano.
"A certificare il successo, dopo soli pochi mesi, dei lavori di ripristino degli habitat di una delle due zone umide rimaste all’Elba (insieme a Schiopparello – Le Prade) - spiegano dal Cigno Verde- è arrivato un testimonial eccezionale, un regale Falco di Palude (Circus aeruginosus), un maschio con la sua magnifica livrea marrone, grigia. Bianca e nera e la nuca e la gola gialle. Un piccolo re scontroso, signore del canneto, che solo la pazienza di Roberto Barsaglini è riuscito a immortalare in qualche foto".
"L’arrivo del Falco di palude a Mola - commentano da Legambiente - è molto importante perché finora le sue due di presenza che gravitano sull’area tirrenica erano Sardegna e Lago di Massaciuccoli. Anche se la specie non è a rischio a livello globale ed è considerata vulnerabile nell’Unione europea, in Italia, dove nidificano solo 170-220 coppie, è rara e per questo il Falco di palude è incluso nella Lista Rossa Nazionale e nell’Allegato I della Direttiva Uccelli. Insieme a sua maestà il Falco di palude la risorta palude di Mola si sta ripopolando di una corte di esseri sorprendenti e bellissimi, coloratissimi o mimetici, che a volte, come le gallinelle d’acqua (Gallinula Chloropus), Martin Pescatore (Alcedo Attis), si sono trasferiti nei nuovi chiari realizzati grazie all’intervento del Parco".
"Tra quelli che sono ormai i chiassosi padroni di casa, - spiegano da Legambiente - i Germani reali (Anas platyrhyncos) mentre ancora il pettirosso (Erithacus rubecola) non si è deciso ancora migrare verso nord da questo nuovo paradiso e le rondini dalla gola rossa (Hirundo rustica) hanno fatto ritorno dall’Africa fortunatamente numerosissime, tra le rive salate, l’acqua salmastra e l’acqua dolce, a caccia di molluschi, crostacei, pesci e insetti, o a sgranocchiare appetitose erbe palustri, hanno fatto la loro comparsa piccoli trampolieri indaffarati come il Voltolino (Porzana porzana), il Piro Piro Boschereccio (Tringa glareola) e il Corriere piccolo (Charadrius dubius), il timido Porciglione (Rallus acquaticus) si aggira furtivo vicino alle belle marzaiole (Anas querquedula) e riuscire a scoprire il mimetico frullino (Lymnocryptes minimus) tra la vegetazione e veramente roba da esperti. Mentre tra i molti passeriformi spiccano per le loro vistose livree la splendente Cutrettola (Motacilla flava) e la magnifica Ballerina gialla (Motacilla cinerea). E tanti, tantissimi animali, visibili e invisibili, tra il mare la terra e il cielo, che stanno ritessendo la rete del vivente in un’area che sembrava ormai irrecuperabile".
Dall'associazione ambientalista segnalano che "Si tratta spesso di animali ormai rari o poco comuni a rischio estinzione nelle isole, che le ultime zone umide riescono a salvare da una scomparsa che sarebbe certa. Gioielli viventi nel piccolo forziere verde di Mola, ricostruito da un progetto del Parco Nazionale e dell’Università di Firenze e che i volontari dell’Aula VerdeBlu di Legambiente sorvegliano e curano, meravigliati della velocità di recupero di un’area che resta comunque a rischio e dalla quale, per rispetto della bellezza, degli animali ritornati, e del lavoro fatto, bisognerebbe per prima cosa togliere finalmente dalla foce di Mola il relitto rugginoso che la ostruisce".
Riguardo al falco di palude Legambiente infine precisa che " è presente anche ad Orti-Bottagone a Piombino dove, oltreché essere il simbolo dell'Oasi, é nidificante da molti anni, almeno da dopo la chiusura della caccia (1987). Nei primi anni 2000 ha raggiunto il top con almeno 5 coppie nidificanti. Il successivo e progressivo arretramento del canneto (infiltrazioni salmastre) ne ha ridotto la consistenza".

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