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Attualità sabato 26 settembre 2015 ore 15:33

Le storie di chi fugge da guerra e fame

#lacosagiusta, Anselmi e Gazzetti raccontano l’accoglienza profughi a Livorno e Piombino, i consiglieri regionali questa mattina in due strutture



PIOMBINO — Una giornata per raccontare il modello toscano dell’accoglienza diffusa, attraverso le voci e le storie dei suoi protagonisti; per incontrare uomini e donne che fuggono da guerre e fame, troppo spesso rappresentati come “numeri” e non come persone, toccare con mano e descrivere le forme di integrazione e di lavoro volontario che sempre di più caratterizzano la presenza degli immigrati in Toscana. 

È quella che si è svolta stamani grazie all’iniziativa #lacosagiusta promossa dal gruppo consiliare Pd in Regione Toscana. Ogni consigliere si è recato sul proprio territorio a visitare una delle tante strutture deputate all’accoglienza profughi e rifugiati e si è fatto portavoce di una delle storie di alcune di queste persone. 

La giornata è stata raccontata con una diretta web, a partire dalle prime ore della mattina, attraverso uno “speciale” del sito internet del gruppo consiliare (http://www.gruppopdregionetoscana.it/web/lacosagiusta/ ) e condivisa attraverso i suoi social network.

I consiglieri regionali Pd Gianni Anselmi e Francesco Gazzetti e, si sono recati in due strutture, rispettivamente nel territorio di Piombino e nella provincia di Livorno. 

Una casa al mare e un’edicola, il racconto di Gianni Anselmi

Venturina 12,50. L’avevano già fatto i suoi genitori durante la guerra. E l’appello del presidente Enrico Rossi gli ha risvegliato il ricordo di quella bambina sfollata con cui divideva il pane

Oggi il ragazzetto di allora è un uomo di più di 82 anni che, nella sua casa di Venturina, ospita 7 ragazzi africani, sbarcati a Reggio Calabria da un barcone insieme a tanti altri. 

Romano Busdranghi di lavoro fa l’edicolante e ha messo a disposizione della cooperativa Odissea di Lucca una casa di sua proprietà, che viene utilizzata per ospitare i richiedenti asilo. 

Il signor Romano dice di non avere fatto altro che seguire un percorso naturale, che segue le orme della sua storia personale segnata anch’essa dall’immigrazione dei suoi bisnonni, arrivati da lontano sulla costa toscana. Un passato vissuto sotto i bombardamenti di Piombino, in mezzo agli sfollati, ai casolari dove la gente veniva accolta. 

E così oggi anche Romano può accogliere e contribuire a dare qualcosa ai ‘suoi’ ragazzi, ai quali non solo dà un tetto sopra la testa, ma anche mette a disposizione, grazie all’edicola, libricini, quaderni e penne per migliorare il loro italiano

I ragazzi sono tutti fra i 17 e i 21 anni, sono volenterosi e frequentano corsi di italiano ogni martedì mattina presso gli uffici dell’Avis di Venturina, la sala comunale Sefi e l’associazione Auser. Per muoversi hanno biciclette che le associazioni della zona gli hanno messo a disposizione. I ragazzi sono collaborativi, con la voglia di farsi accettare e di integrarsi. Mentre i ragazzi giocano a calcio con i coetanei del posto, Romano e sua moglie sanno di avere fatto qualcosa per cominciare a cambiare questo mondo.

Scappare e nascondere per salvarsi, riportato da Francesco Gazzetti.

11,55. “Mi chiamo Austen, ho 20 anni, vengo dalla Nigeria e sono qui in Italia con mia moglie Victoria. Sono nato in una famiglia composta da sette bambini, sei bambini maschi e una femmina, ed io ero il più grande di loro. 

Io e mia moglie ci siamo sposati giovanissimi e siamo andati subito a convivere in casa dei miei genitori, tutti insieme eravamo una famiglia felice. Mio padre era il presidente della comunità Imigue Osiage in una città nell’Edo State, alcuni anziani lo amavano mentre altri no e per questo andava in giro seguito da alcuni agenti.

Durante una crisi della comunità, molte case vennero bruciate, ci furono molti scontri ed io fui colpito alla gamba da un colpo di arma da fuoco. Scappai nella foresta, per nascondermi e restai li per 3 giorni senza cibo e cure mediche. 

Rientrai in città per cercare mia moglie che era incinta e la mia famiglia. Fu difficile per me ritrovarli e nel frattempo la polizia mi prese e mi portò in ospedale dove mi furono prestate cure mediche e dove ricevetti la notizia che mio padre era morto e che erano state sequestrate tutte le nostre proprietà con la complicità di mio zio, il quale voleva prendere il posto di mio padre. 

Scappai dalle rappresaglie guidate da mio zio, nel frattempo mio fratello Daniel era stato rapito e la polizia nigeriana non poteva farci niente. Decisi, quindi, che la Nigeria non era più un posto sicuro per me e mia moglie e provammo così a trasferirci temporaneamente in Gambia sperando che la situazione tornasse calma, ma non fu così. 

Dopo diverso tempo ci trasferimmo in Libia. Mia madre, i miei fratelli ed i miei 2 figli invece si trasferirono sempre in Nigeria, ma lontano dalla città di Benin per scappare dalla persecuzione. La Libia è un paese molto pericoloso, c’è molta violenza e criminalità. Appena arrivati fummo derubati di tutti i nostri averi. Per due anni e otto mesi ho lavorato come muratore costruendo case, con l’obiettivo di raccogliere circa 700 euro, i soldi che ci occorrevano per pagare il nostro viaggio in Italia.

Durante questo duro periodo mia moglie restava chiusa in casa per paura di essere assalita. Siamo arrivati in Italia via mare, sul nostro gommone eravamo in 130 e avevamo tanta paura. Dopo due giorni di viaggio senza cibo e senza acqua abbiamo incrociato una nave militare che ci ha salvato trasportandoci a Lampedusa. Adesso siamo qui a Collesalvetti con la speranza di avere un’opportunità di vita migliore".


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