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Cultura lunedì 12 marzo 2018 ore 01:30

Statua di granito elbano al Louvre

L'opera dello scultore francese Grandjacquet fu commissionata per la sala egizia della villa Borghese. Napoleone la portò al Louvre



MARCIANA MARINA — La fama della qualità del granito elbano è rimasta inalterata nel tempo. A conservarla hanno contribuito i ritrovamenti archeologici effettuati a Roma a mano a mano che i grandi monumenti dell'Urbe si sono aperti agli scavi. Suscitò scalpore la scoperta di tre grandi vasche, così descritte da Flaminio Vacca nelle sue Memorie (1594): “Accanto la Chiesa di S. Eustachio, appresso la Dogana, mi ricordo, che sopra terra v’erano tre Piatti di granito dell’Elba, trovati suppongo in quel luogo, mentre appresso vi erano le Terme di Nerone, servendo detti Piatti per lavarsi; ed al tempo di Pio IV ne fu concesso uno più bello, ed intiero al Magnifico Sig. Rotilio Alberini; che portatolo coll’argano in una sua Vigna fuori di Porta Portese, lo collocò ad una peschiera: e gli altri due erano rotti, nè mi ricordo, che se ne facesse; ed erano da 30 palmi, in circa di diametro, ben lavorati, e di graziosa modinatura”. Ma tanti altri sono i luoghi in cui duemila anni fa fu impiegato il granito dell'Elba, compreso il Foro Romano dove furono usate colonne di medie e grandi dimensioni. Mutuando le parole di Giovanna Tedeschi Grisanti (1992), il granito elbano “a grana grossa ha una durezza presso a poco simile al granito egizio, una tinta più piacevole all'occhio, e prende un pulimento più perfetto”. Doveva esserne consapevole anche lo scultore Antoine-Guillaume Grandjacquet (1731-1801) che scelse il granito elbano quando, fra il 1779 e il 1781, Marcantonio IV Borghese gli commissionò una statua della dea Iside per la sala egizia della villa Borghese. Grandjacquet si perfezionatò nella lavorazione di pietre dure alla scuola di Giovanni Battista Piranesi, l'artista eclettico che, fra l'altro, fu l'artefice della diffusione del gusto egittizzante nella società del XVIII secolo. Prendendo come modello la statua della regina egizia Arsinoe II, oggi al Vaticano, e rielaborandola con capacità creativa, lo scultore eseguì un'Iside dall'impianto solenne che andò a impreziosire la sala VIII di Villa Borghese. La statua viene così descritta nell'inventario redatto nel 1796: “Al fianco sinistro della porta, per la quale si entra, venendo dalla stanza del gladiatore, sorge una statua di grandezza naturale che rappresenta Iside, eseguita modernamente in granitello dell'Elba dallo scultore Grandjaquet. Il simulacro è chiuso, e ristretto dentro una veste angusta, e sottile, che arriva quasi ai piedi: la mano diritta è pendente, la sinistra posa sul petto verso la destra mammella, proprietà tutte, siccome notarono già gli antiquarj, assegnate dall'arte di Egitto alle figure femminili. La testa è ricoperta da una specie di berretta, o di cuffia, che scende con due fasce sulle spalle, e sul petto, abbigliamento, proprio ancor esso dei monumenti egiziani”.Ma nel“Palazzo della Villa Borghese detta Pinciana” la statua rimase meno di trent'anni: per volere di Napoleone nel 1808 l'Iside di Grandjacquet fu smontata dalla sua sede originaria e trasferita al Museo del Louvre. Ora questo capolavoro del tardo Settecento è esposto nella Salle du Manège.

Michelangelo Zecchini


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