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"Nessun abuso sulla villa di Capo Castello"

Una relazione resa nota dall'amministrazione comunale di Rio Marina mette la parola fine sui presunti abusi edilizi nell'area archeologica

Chiamato da più parti in causa per una possibile compromissione del sito archeologico di Capo Castello a Cavo, il sindaco di Rio Marina, Renzo Galli, ha avviato un'istruttoria sul caso per capire se ci fossero responsabilità o pericoli per il patrimonio archeologico riese.

"Prima di replicare sull’argomento - spiega Galli - ho cercato di approfondire la questione sia riandando ad esaminare il fascicolo, sia convocando il proprietario della villa di Capo Castello, sia il suo progettista, per un incontro richiesto dalla Sopraintendenza ai Beni archeologici della Toscana.

Mi scuseranno quindi le associazioni intervenute sulla questione per il tempo trascorso, ma il caso meritava un’analisi seria dei vari aspetti sollevati prima di uscire con una replica".

Dall’esame della documentazione e dai colloqui intervenuti sia con la proprietà che con la dottoressa Alderighi della Soprintendenza il sindaco Galli giunge alla conclusione che il caso, sia sotto l'aspetto urbanistico che sotto quello archeologico, di fatto non sussista.

Per intenderci, non ci sarebbe nessuna colata di cemento o ampliamenti volumetrici che resterebbero ben al di sotto dei limiti consentiti dalla legge.

"Ci sono semplicemente delle compensazioni volumetriche - esplica il sindaco - per ovviare alle superfetazioni realizzate nel corso degli anni, i cui interventi avevano creato una struttura ed una sagoma del fabbricato irrazionale anche dal punto di vista abitativo. La sopraelevazione riguarda l'adeguamento altimetrico di un’addizione operata negli anni '70 e oggetto allora di una sanatoria.

Intendiamoci, il progetto può piacere o non piacere dal punto di vista estetico, ma dal punto di vista urbanistico ha superato il vaglio della commissione paesaggistica comunale e della Soprintendenza ai Beni culturali e paesaggistici di Pisa.

Dal punto di vista archeologico nessuno scavo è stato operato, nessun reperto è stato manomesso e nessuna colonna è stata portata alla luce o spostata come è sembrato apparire in qualche articolo di stampa".

La conclusione che trae il primo cittadino è quella di un caso nato dal niente: "Una giusta preoccupazione riguardo a un sito delicatissimo, che probabilmente sarebbe emersa per qualsiasi altro intervento edilizio, nei confronti di una proprietà peraltro molto attenta al tema e alla salvaguardia dei beni comuni".

Il proprietario ha infatti confermato all'amministrazione comunale il suo interesse al recupero dell'intero sito archeologico contribuendo, nel quadro dell'operazione, ai relativi oneri. "Anche la dr.ssa Alderighi - continua la nota - ha confermato l'impegno della Soprintendenza alla progettazione delle varie fasi di recupero, di cui le prime due evidenziate nel documento relativo al sopralluogo eseguito il 18 giugno 2015, che comprendono la ripulitura e la cartellonistica didattico-esplicativa e interventi di scavo di modesta entità, finalizzati alla definizione della planimetria generale della villa, per un costo stimato fra gli 85mila e i 150mila euro, da raccogliere con finanziamenti di scopo e attraverso la costituzione di un Comitato Promotore".