Attualità

"Moby: quando l’italianità è a giorni alterni"

Liberi e Uguali Isola d’Elba critica la campagna pubblicitaria della compagnia di navigazione: "Quello slogan si sta rivelando un boomerang"

Da Liberi e Uguali Isola d'Elba riceviamo un intervento sulla polemica nata intorno alla pubblicità Moby/Tirrenia/Toremar  "Il nostro personale è tutto italiano". Eccone il testo integrale.

 Ieri la trasmissione “Propaganda Live” condotta da Diego Bianchi su La 7 si è occupata in maniera dissacrante della campagna pubblicitaria (che si sta rivelando un boomerang) di Moby/Toremar/Tirrenia.

Come Liberi e Uguali Isola d’Elba ci riconosciamo in quanto scritto dalla compagna Serena Spinelli, capogruppo Articolo Uno Mdp in Consiglio regionale: “siamo di fronte a qualcosa di disdicevole e discriminatorio, di cui non si capisce l’obiettivo se non quello di strizzare l’occhio a chi soffia sull’odio e sulle paure delle persone”.

Naturalmente. visto che il lavoro è al centro del nostro programma, siamo ben felici se lavorano gli italiani e gli elbani, ma se Onorato è a conoscenza di comportamenti illegali dei suoi concorrenti faccia quel che è suo dovere di cittadino italiano: li denunci alle forze dell’ordine e alla magistratura. E, se qualcuno non se lo ricordasse, i sindacati ci hanno messo decenni prima di poter salire a bordo delle navi Onorato… un po’ come succede in Bangladesh o nelle Filippine.

Il problema è che sull’esibita italianità della Moby e dintorni ci sarebbe molto da ridire, a cominciare dalle vecchissime navi acquistate all’estero e rimesse in sesto (o anche demolite) in cantieri di Paesi stranieri nei quali i tanto declamati diritti dei lavoratori (per non parlare di quelli civili e umani ) sono un sogno.

E quanto a patriottismo e italianità dei lavoratori non va tanto bene nemmeno con le navi nuove: l’11 febbraio Onorato Armatori ha firmato un contratto per l’acquisti di due traghetti di categoria “luxury” con Guangzhou Shipyard International GSI e China Shipbuilding Trading Co. (CSTC). Insomma equipaggi italiani su navi made in China. Eppure i cantieri navali italiani sono in crisi.

Chissà come verranno dipinti i traghetti cinesi? Infatti, Moby è diventata molto patriottica nelle pubblicità sui giornali, ma, ad esclusione del solitario Lupo Alberto, tutti i personaggi che decorano i vecchi traghetti ridipinti che fanno su è giù per il canale sono americani.

E chissà se è stata una forma di patriottismo e di tutela dei diritti fornire al governo conservatore spagnolo due navi Moby da usare come caserme per reprimere il movimento nazionalista, indipendentista e autonomista della Catalogna?

Quelle navi con le gigantografie dei cartoon usate come “alberghi” per le forze speciali della polizia spagnola che manganellavano i manifestanti catalani sono state oggetto dell’amara ironia da parte di chi – come i sindacati dei portuali e dei marittimi di Barcellona - i diritti umani e dei lavoratori li difende davvero e non li usa come pubblicità sui giornali.

Onorato, sostenitore e protagonista delle Leopolde renziane, sembra un fan della globalizzazione capitalista quando c’è da risparmiare facendo affari nei Paesi emergenti e in via di sviluppo e un difensore di una presunta “italianità” quando c’è da farsi pubblicità. In questo incarna benissimo lo spirito dei tempi e dell’elettore medio.

Quanto alla campagna pubblicitaria in sé sembra strano che una compagnia che fa affari d’oro portando su è giù centinaia di migliaia di stranieri poi esalti l’italianità dei suoi equipaggi. Ma d’altronde in questo Onorato è in buona compagnia: in quest’Isola come nel resto dell’Italia, gli stranieri - di qualsiasi nazionalità, colore, religione e livello di onestà - vanno benissimo quando portano i soldi, i problemi cominciano quando sono poveri e chiedono di lavorare, allora rientrano (fortunatamente non per tutti) in due categorie: gli indesiderabili se sono profughi e rifugiati; o quelli da sfruttare con paghe da fame, magari in nero, per poi andare a votare allegramente Lega, perché gli immigrati ci rubano il lavoro.

Ma questo chi ha pensato la pubblicità non lo sa (forse).