Attualità

Gabriele Canè "Sarebbe l'ora di piantare tamarindi"

Il noto giornalista da anni frequentatore dell'isola interviene sui temi affrontati nell'articolo del direttore di QUInews pubblicato a Ferragosto

Gabriele Canè, editorialista de La Nazione che ha diretto più volte oltre a Il Giorno e Il Resto del Carlino, è un attento conoscitore ed osservatore dell' Elba, tanto che alle ultime elezioni amministrative è stato invitato a candidarsi come sindaco di Portoferraio. Oggi esprime le proprie considerazioni su quanto scritto dal direttore di QUInews Marco Migli nell'articolo "Tamarindi, grandi navi e piccoli aerei"

Ha ragione Marco Migli. Sarebbe l'ora di piantare tamarindi. Anzi di fare maturare e raccogliere quelli che sono stati piantati a suo tempo. Inutile negare che tante cose sono cambiate negli anni all'Elba. In meglio. L'isola è cresciuta e per certi versi non è cresciuta affatto male. Se pensiamo ad esempio agli ecomostri che hanno devastato le nostre coste, beh, sullo Scoglio possiamo dire che scempi evidenti non sono stati fatti. Così come è innegabile che tante iniziative singole abbiano arricchito l'offerta dell'isola. 

Però ha ragione il direttore Migli: bisognava e bisogna piantare tamarindi, elaborare cioè e mettete in cantiere progetti infrastrutturali e amministrativi di lungo respiro e di interesse collettivo. Porti in grado di ospitare navi e gommoni, un aeroporto che funzioni, piste ciclabili, strumenti per valorizzare inestimabili patrimoni come le vestigia napoleoniche o le miniere. Non è un caso che queste ultime abbiano avuto un importante riconoscimento da Trip Advisor, cioè dai turisti, dopo che il comune di Capoliveri ha deciso in modo meritorio di rianimarle. 

C'è una frase fatta che va tanto di moda nelle chiacchiere e poco negli atti concreti: fare sistema. Orribile dal punto di vista linguistico. Ma esatta ed efficace nel suo contenuto. L'Elba ha sempre più bisogno di "fare sistema", di mettere assieme energie per concretizzare progetti; di razionalizzare le spese per spendere meno e meglio in primo luogo per gli elbani; di darsi un passo veloce in un paese fermo, ma in un mondo che viaggia ai cento all'ora nell'offerta turistica. 

Non so come è andata la stagione quest'anno, ma non credo che passerà agli annali. Pochi soldi, poca voglia di spenderli, ritorno alla normalità di mete rese impraticabili dalla paura del terrorismo. Bisogna sbrigarsi, piantare tamarindi. E fare ancora più in fretta a raccogliere i frutti già piantati e che per tanti motivi sono ancora sulla pianta. 

Con il rischio che alla fine marciscano.

Gabriele Canè