Cultura

Sulla proprietà della villa romana delle Grotte

Lo studioso Michelangelo Zecchini torna sulla discussione in merito alla committenza e alla proprietà dell'antica "villa"

L'area archeologica delle Grotte, Portoferraio

"Batti e ribatti, secondo alcuni la villa delle Grotte finalmente un committente/proprietario ultraeccellente ce l’avrebbe. Finora erano stati proposti nomi di spicco come Publio Acilio Attiano, prefetto del pretorio dell’imperatore Adriano, o come Marco Valerio Messalla Corvino, grande generale e console nel 31 a. C., ma siamo più in alto, molto più in alto".

Lo studioso Michelangelo Zecchini interviene sulla questione della proprietà e della committenza della villa romana delle Grotte.

"A dire il vero un aperitivo sibillino l’aveva offerto il Sistema museale dell’Arcipelago toscano con queste parole: “la presenza di motivi decorativi, strettamente legati alla propaganda politica dell’imperatore Augusto, consentono di collegare la proprietà di questo edificio alla casa imperiale”. Ma a chi, esattamente, della famiglia imperiale? - prosegue Zecchini - A Livia, influente moglie di Augusto? Alla di lui figlia Giulia? Al di lei figlio Tiberio? Oppure a qualcun altro? L’indeterminatezza aveva fatto crescere un clima di suspence e di attesa. Finché il 14 settembre scorso Franco Cambi e collaboratori, responsabili degli scavi alle Grotte, durante una conferenza hanno rivelato che committente (e proprietario) fu nientepopodimeno che l’imperatore Augusto in persona. Queste le parole testuali usate in modo perentorio nel loro annuncio davvero clamoroso e stimolante: “certamente è stato lui (ossia Augusto, nota di chi scrive) che ha deciso la costruzione di questo edificio”".

"I dubbi e la necessità di prove convincenti
Persuaso come sono che per ‘cogitare’ bene occorra dubitare molto, sulla scorta del “dubito ergo sum” sono andato a cercare indizi e prove di conferma, - spiega Zecchini -  prendendo come metro di paragone la villa dell’imperatore Tiberio a Capri, che di prove archeologiche e letterarie ne ha a bizzeffe. Capri, infatti, è cosparsa di ruderi, manufatti e documenti che indicano a voce alta la paternità di Tiberio. Ma per la villa delle Grotte quali prove dirimenti, allo stato attuale delle ricerche, supportano la tesi che Augusto ne fosse il dominus?"

"A mio avviso la risposta è disarmante: nessuna. - prosegue Zecchini - Sotto il profilo archeologico, niente di niente: non un’epigrafe, non un reperto davvero indiziante, non una statua. Idem sotto il profilo letterario nonostante che la sua vita sia stata passata al setaccio tanto nelle sue stesse opere (Commentarii de vita sua, Descriptio Italiae, Index rerum a se gestarum, ecc.) quanto in quelle degli autori antichi e moderni. Del binomio Grotte/Augusto non c’è traccia né in Svetonio, né in Tacito, né in Cassio Dione, né in Plinio, né in Strabone, né in Velleio Patercolo né in Sesto Aurelio Vittore. Nessuna menzione neppure nei grandi studiosi di oggi, da Werner Eck a Emilio Gabba, da Ronald Syme a Michael Grant, da Pat Soutern a Chris Scarre, da Santo Mazzarino a Mario Attilio Levi".

"Cautela! Credo che prima degli annunci tonitruanti (e per ora poco credibili) il complesso archeologico delle Grotte meriti approfondimenti meditati e maggiore cautela. A Ciampino anni fa fu trovata una grande villa con statue alte due metri, mosaici policromi di insolita bellezza, oggetti di lusso e una fistula di piombo che recava a grandi lettere l’iscrizione VALERI MESSALAE in genitivo. Eppure, nonostante elementi così favorevoli e così stringenti, la ricercatrice che se ne occupò nella sua tesi di dottorato si limitò a definire l’attribuzione a Messalla Corvino niente più che un’ipotesi da validare. Ecco, questo è un esempio di metodologia di ricerca secondo me da imitare. Augusto e Ovidio? Incompatibili
E che dire di Ovidio? Gli stessi studiosi che ora assegnano ad Augusto la proprietà delle Grotte in passato narrarono ai quattro venti che il poeta sulmonese fu ospite della villa nell’ anno 8 d.C. Ma è risaputo che allora fra i due correva tutt’altro che buon sangue, tanto che l’imperatore relegò il poeta nel Mar Nero con un decreto ad effetto immediato. Perciò l’uno esclude l’altro e sarebbe antistorico ipotizzare, in quel frangente, non solo la compresenza ma perfino un semplice invito di Augusto (o di chi per lui) a Ovidio per un soggiorno in villa", conclude Zecchini.