"La cosiddetta "propaganda gənder" non ha niente a che vedere con quello che molti credono di conoscere. La maggior parte delle volte si tratta di accumulare informazioni e misconoscenze, spesso da fonti miste e not evidence-based e fare un minestrone. Con sto caldo poi potete immaginare con quali ottimi risultati...".
Linda Del Bono, insegnante e attivista di Agedo, interviene per precisare alcuni concetti relativi agli studi di genere e alla cosiddetta "teoria gender".
Anche se Del Bono non ne parla direttamente, la questione riporta a quanto successo nei giorni scorsi a Capoliveri (si vedano gli articoli correlati sotto).
"Mettendo da parte l'ironia, tenterò nuovamente di fare chiarezza: - spiega Del Bono - non esiste l'"idəologia gənder", esistono i gender studies che trovano un ambito applicativo nella pedagogia di genere. Purtroppo questa sovrapposizione è frequente per coloro che non sono nel settore, che è quello socio pedagogico e non politico e per coloro che non hanno una sufficiente cultura in tale ambito. Sì cultura, perché di questo si tratta, e non c'è ragione alcuna di prendersela a male anzi, all'ignoranza c'è sempre rimedio fortunatamente. Tentando di andare veloce: l’inglese è oggi la lingua veicolare dominante della comunicazione accademica e scientifica, ma la sua semplicità morfosintattica e l’approccio funzionale rischiano di appiattirne il pensiero, soprattutto in ambito pedagogico, dove la complessità concettuale è invece centrale. (Sarebbe a tal proposito opportuno rivalutare lingue alternative più adatte a questo specifico ramo. Il francese ad esempio, con la sua tradizione filosofica e pedagogica, offre una sintassi articolata e un lessico capace di esprimere finezze concettuali. Il tedesco, grazie alla sua struttura flessibile e alla capacità di formare concetti complessi, è storicamente legato al pensiero analitico. Tutte questioni che con la lingua inglese non è possibile ottenere)".
"Ad ogni modo essendo i gender studies nati in USA e UK negli anni '60-'70, - prosegue Del Bono - viene da sé che la lingua quella è e quella si usa. In Italia si sono sviluppati più tardi, dagli anni ’90 circa, principalmente in ambito accademico e femminista. Hanno influenzato in maniera importante il dibattito politico su violenza di genere, pari opportunità e stereotipi, al punto da contribuire alla promulgazione delle leggi sulla violenza sessuale (1996, con il passaggio da reato contro la morale a reato contro la persona) ed il femminicidio; quest'ultima in particolare pur essendo emanata da un governo di centrosinistra ha trovato convergenze politiche trasversali e largo supporto dal centrodestra vista anche la forte pressione dell'opinione pubblica".
"Insomma la violenza di genere (da leggere prevalentemente femminicidio, perché tant'è) ha messo d'accordo quasi tutti per una volta. - aggiunge Del Bono - Insomma non mi sembrano tutta sta mmerda di studi di genere, considerato il grande contributo che hanno dato alla comprensione dei suddetti fenomeni. Quindi, tornando al principio, i "gender studies" sono un campo interdisciplinare che analizza i rapporti tra genere, identità, potere e società, e cercano di comprendere come le costruzioni sociali vadano ad influenzare i ruoli e le disuguaglianze".
"Ne consegue che ci sono anche delle considerazioni politiche da fare soprattutto dal punto di vista del contrasto e della prevenzione. - conclude Del Bono - Non vanno confusi gli "studi di/sul genere", con la cosiddetta "təoria gəndər", termine ideologico usato polemicamente e politicamente per delegittimare questi studi e i relativi esiti".