Attualità

In carcere si torna a parlare di reinserimento

Il Garante per i Diritti dei detenuti: "Le inaugurazioni di strutture appena avvenute riportano l'attenzione sulle finalità della pena"

Un momento della cerimonia di sabato 8 luglio

L'inaugurazione del panificio e dell'area verde nella Casa di reclusione "P. De Santis" di Porto Azzurro è stata l'occasione per riportare l'attenzione sulle finalità del carcere. I numerosi presenti, espressione del mondo economico e istituzionale elbano nonché i diversi operatori che gravitano attorno al "pianeta carcere", hanno potuto ascoltare parole "costituzionalmente corrette" e vedere come sia possibile intraprendere e consolidare percorsi virtuosi. Il direttore del penitenziario, Francesco D'Anselmo, e il commissario di polizia, Giuliana Perrini, hanno presentato la realtà locale. Ed è stato il sottosegretario alla giustizia, Cosimo Maria Ferri, a offrire motivi di ampia e approfondita riflessione. Lo ha fatto all'insegna del ringraziamento a ognuno dei soggetti presenti, un riconoscimento all'impegno quotidiano e alle potenzialità.

Ferri ha ricordato la funzione della pena: rieducare per il reinserimento. Questo è il motivo per cui esiste il sistema penitenziario. Una finalità che vede coniugare con sapienza l'aspetto educativo con il fattore sicurezza, elemento delicato che è affidato alla intelligenza, alla competenza e all'umanità degli agenti di polizia. E, in questa funzione, al carcere di Porto Azzurro deve essere riconosciuta una crescita significativa registratasi negli ultimi due anni. "A dimostrazione – ha sottolineato il sottosegretario Ferri – che gli uomini possono fare la differenza" e rimettere in moto meccanismi che, talvolta e per svariati motivi, si inceppano.

"Da garante dei diritti dei detenuti, presente in questa veste da poco meno di due anni - ha commentato oggi Nunzio Marotti -  sottoscrivo le parole del sottosegretario, affermando che sono tanti i segnali positivi di quello che ho definito "un nuovo e positivo dinamismo" che ha preso il via in particolare – due anni fa – con l'incarico di direttore assegnato a Francesco D'Anselmo. Certamente esistono diverse criticità: alcune dovute a fattori interni altre a situazioni di carattere nazionale e regionale. Fa ben sperare, però, seppure fra difficoltà, la mentalità di programmazione che si sta affermando, una politica della gradualità che dà frutti. Giustamente è stato segnalato il tema del lavoro dei detenuti. Passare da 30 a 84 persone in regime di art. 21 (ammissione al lavoro esterno), a cui si aggiungono una cinquantina nei lavori interni, su un totale di circa 260 reclusi, rappresenta un elemento che incoraggia a proseguire nell'impegno. Il miglioramento della vivibilità interna, con le varie attività scolastiche-culturali-sportive e la dotazione di spazi (come l'area verde esterna, destinata ai colloqui con i familiari, dotata di attrezzature confortevoli e ludiche per sottrarre i bambini ad impatti ambientali sfavorevoli), sono la dimostrazione che si può procedere in modo virtuoso".

L'attenzione del territorio, la cosiddetta partecipazione della comunità esterna alle attività trattamentali - ha aggiunto Marotti -  rappresenta un fattore decisivo di sviluppo. La rete di rapporti, a cui il direttore D'Anselmo si dedica, sicuramente darà ulteriori risultati, soprattutto in ambito lavorativo e in quello culturale. Sì, perchè quella culturale è la sfida maggiore. Nei confronti del carcere (o è meglio dire: nei confronti del condannato che sconta la sua pena) esistono tante posizioni, frutto quasi sempre di ragionamenti diversamente motivati. Esiste un baluardo, una linea di confine invalicabile, a Costituzione vigente, chè è l'art. 27 della Carta: trattamento umano e rieducazione per il reinserimento sociale. Su questo lavoro culturale tutti devono sentirsi impegnati, ma in modo particolare la scuola, gli opinionisti ("intellettuali") e i giornalisti. E circa la scuola, posso affermare per esperienza diretta che la visione del carcere e del detenuto si modifica nel momento in cui, dalla classificazione (etichettatura), si passa all'incontro, ai volti che comunicano, all'ascolto reciproco.

"Concludo questo intervento  - ha sottolineato infine il Garante per i Diritti dei Detenuti - con due speranze, che diventano invito a coloro che hanno il potere di assumere decisioni.

Prima speranza. Per rilanciare in modo ottimale la Casa di reclusione elbana è necessario non perdere di vista la sua identità, la sua storia di penitenziario con pene medio-lunghe. Purtroppo, e non solo nella fase di sovraffollamento, sono stati trasferiti a Porto Azzurro condannati a pene brevi o con breve residuo di pena da scontare oppure con problematiche psicologiche e psichiatriche che hanno necessità di strutture specifiche. Spesso si rincorre l'emergenza, a scapito della progettazione. Spero che in questo si possa registrare una inversione di tendenza. A vantaggio dei detenuti e degli operatori.

La seconda speranza attiene al lavoro del Governo che, entro settembre, dovrà presentare i decreti delegati sul sistema penitenziario. I decreti dovranno attenersi ai criteri della legge delega. Questi criteri, come è normale, possono essere concretizzati in modi diversi. La speranza è che tecnici e governanti lavorino mantenendosi in ascolto di quanto emerso dal "certosino" lavoro dei diciotto tavoli nazionali (gli Stati generali) dedicati ai diversi ambiti e aspetti del sistema carcerario".