Cultura

Dagli scavi grande fattoria e produzione di vino

Dagli interventi di valorizzazione del Parco archeologico di Pianosa sono emerse anche tracce di lavorazione dei minerali. Ecco tutte le novità

Domenica 8 Giugno alle ore 11,30 sull'Isola di Pianosa si svolgerà l'inaugurazione dei lavori di scavo, restauro e valorizzazione del Parco archeologico dell’Isola che fa parte del MiC, Piano Strategico Grandi Progetti Beni Culturali, in base al Decreto ministeriale del 21 Gennaio 2021.

Pianosa, isola dell’Arcipelago Toscano, frazione del Comune di Campo nell’Elba, è conosciuta, in particolare, per il suo passato di isola adibita a carcere di massima sicurezza. Nel 1998 la struttura penitenziaria fu dismessa e l’isola divenne parte integrante del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano. Date le sue peculiarità storiche e archeologiche, l’isola è soggetta a specifico vincolo archeologico, con Decreto del Direttore Regionale MiC del 24 Marzo 2005.

“Il finanziamento del Ministero della Cultura (Piano Strategico Grandi Progetti Beni Culturali, per un importo di euro 1.300.000,00) ha consentito alla Soprintendenza la realizzazione di una serie di interventi di scavo, di restauro e di valorizzazione del patrimonio archeologico dell’Isola di Pianosa, che si sono svolti dal Giugno 2023 e per tutto il 2024. Si è scavato e restaurato ciò che resta della villa romana posta in riva al mare, realizzando un nuovo percorso di visita. Si è scavata una grande struttura a pozzo, ‘della piccola cava’, forse un edificio religioso dedicato al culto delle acque, sicuramente frequentato in epoca romana. Infine, si è individuata e si è parzialmente scavata una fattoria romana, con il suo impianto produttivo e di stoccaggio, proprio in adiacenza al carcere della ‘Diramazione Agrippa’. Insomma, una serie di lavori e interventi di restauro che oggi consentono di mostrare ai visitatori di Pianosa l’eccezionale ricchezza del suo patrimonio archeologico, reso ancor più suggestivo dall’incomparabile cornice paesaggistica”, spiega il Soprintendente architetto Valerio Tesi.

Il Bagno di Agrippa

Il complesso di età romana prende il nome da Agrippa Postumo, nipote e figlio adottivo di Augusto qui relegato dall’imperatore dal 7 a.C. e ucciso nel 14 d.C. È costituito da ambienti di ricevimento e residenziali, un impianto termale, una grande vasca con isolotti all'interno e circondata da un peristilio, ed un teatro capace di ospitare ben 200 spettatori; comprende anche due strutture circolari ormai sommerse dall'ingressione marina, ma un tempo emerse sopra il livello dell'acqua, identificate come un ninfeo ed una peschiera.

Bagno di Agrippa

“Il Bagno di Agrippa era stato sottoposto in passato ad operazioni di restauro (anni ’80 del secolo scorso) e di protezione mediante una copertura con tensostruttura, che il passare del tempo e gli eventi meteomarini degli ultimi anni avevano reso ormai ammalorata, tanto da dover procedere alla sua rimozione. L’asportazione della tensostruttura e la rimozione della passerella di accesso hanno permesso di effettuare lo scavo stratigrafico dell’area del portico, con la messa in luce di una pavimentazione in cocciopesto decorato da intarsi marmorei. E’ stata inoltre scavata la zona direttamente a sud del Bagno di Agrippa per cui, nella fase finale di scavo, risulta notevolmente ampliata la superficie visibile del Bagno di Agrippa; è stato inoltre definito un nuovo percorso di visita che permette una maggiore visibilità dall’esterno e che segue l’andamento del terreno evitando di aggiungere elementi impattanti sulla visione delle strutture romane”, spiega la dottoressa Lorella Alderighi, funzionario archeologo della Soprintendenza di Pisa Livorno e responsabile unico del progetto e direttore dei lavori.

Il Pozzo della Piccola Cava (PL 39)

“Dopo lo scavo nel 2016 della prima “Grande struttura a pozzo” (PL 40) dell’area del Belvedere (diametro 5.30 metri e profondità di 6 m con corridoio lungo 7,80 metri) e delle tombe protostoriche ad essa adiacenti, rimaneva da indagare un’altra delle grandi strutture a pozzo, già descritta dal Chierici nel 1874 e ritrovata durante il taglio della vegetazione per le operazioni di derattizzazione”, spiega la dottoressa Alderighi.

Piccola cava

Si tratta del “Pozzo della piccola Cava”, chiamato così perché già Chierici lo aveva visto semidistrutto dal taglio della cava ancora in uso ai suoi tempi, una cava probabilmente già in essere in epoca romana. Qui lo scavo ha permesso di portare alla luce non solo il pozzo ma anche l’intero profilo della cava che ha asportato parte della struttura del pozzo, almeno altre tre strutture di cui rimangono le tracce perimetrali circolari alla base del taglio di cava, ed un’altra su cui si affacciavano due grandi cavità a cella ancora conservatesi (PL 38). La monumentalità della Cava (circa 12 m per 12,50 m) sembra far rimpicciolire la grandezza del pozzo che misura 6,60 metri di diametro e va restringendosi verso il fondo fino a 3,20 metri. Il pozzo presenta scavate nella sua parete una serie di piccole cavità ovoidali, rinvenute vuote ad esclusione di una con ossa animali.

All’ingresso del pozzo, dal lato più basso, dove doveva trovarsi il corridoio (dromos) di accesso, due piccoli muri in laterizi romani accompagnano la circonferenza. Qui sono stati rinvenuti anche molti frammenti di dolia sempre di epoca romana. Anche nel riempimento del pozzo si sono rinvenuti molti laterizi romani, alcuni pertinenti ad una tettoia di cui rimangono le tracce in parete, tettoia che doveva coprire una apertura artificiale che intercetta una cavità carsica dove l’acqua corrente ha lasciato le sue concrezioni e dove è stato rinvenuto un vaso di epoca tardo romana. Tracce di fuoco e resti di scorie metalliche fanno pensare ad un utilizzo per la fusione del minerale. Purtroppo lo scavo ottocentesco ha asportato gli strati archeologici e pertanto non è possibile datare con sicurezza la realizzazione dell’intero complesso.

Piccola cava

La fattoria della Diramazione Agrippa

Il terzo sito in cui si è intervenuti è l’area presso l’ex Carcere della Diramazione Agrippa. 

“Lo scavo ha fornito dei risultati molto superiori alle aspettative, portando alla luce una serie di strutture collegate ad una imponente fattoria di epoca romana comprendente anche un vivaio per giovani piante contenute in ollae pertusae (olle forate per mettere a dimora e far germogliare le piantine) allineate in trincee appositamente scavate nella pietra tenera dell’isola; nella stessa calcarenite sono stati scavati oltre 40 alloggiamenti per grandi dolia, contigui tra loro ad indicare il doliarium (dove si stivavano i grandi orci), che proseguono in direzione carcere e al di sotto della strada carrabile e non asportabile in sede di scavo. La fattoria è stata indagata solo parzialmente ma ha mostrato che in epoca romana (databile al primo secolo d.C. in base a i materiali ceramici), la parte centrale dell’isola era interessata da un grande complesso produttivo ed artigianale, quest’ultimo attivo fino al IV sec.d.C. La quantità degli alloggiamenti dei dolia (alcuni rinvenuti ancora con parti di dolio all’interno) attestano un a grande produzione di vino, destinata pertanto anche all’esportazione, quella produzione che ancora nel 1800 caratterizzerà l’isola e la colonia penale agricola al punto da fare scavare grandi cantine per le botti all’interno delle catacombe”, così riassume la dottoressa Alderighi ipotizzando la prosecuzione delle indagini in quest’area.

“La Piacenti ringrazia sentitamente tutto il proprio staff, i restauratori, gli archeologi, gli operai, il personale tecnico e amministrativo che dalla sede centrale di Prato ha coordinato la logistica impegnativa e spesso complicata dalle variabili situazioni meteo tipiche dell’isola. Non è mai stato un cantiere “normale” date le condizioni di forte isolamento ma, anche nelle situazioni più difficili, la piccola comunità di Pianosa ci ha sempre accolto e aiutato. Un grazie speciale ai 3 detenuti della Casa di Reclusione di Porto Azzurro che sono stati assunti sull’isola e che ci hanno accompagnato e supportato nelle operazioni di scavo, di smontaggio della copertura dei Bagni di Agrippa, e nell’ambito di un percorso di formazione e reinserimento sociale", precisa il dottor Giuseppe Fichera, direttore tecnico di cantiere della Piacenti SpA.