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Elio Mazzei e la sua storia nei campi nazisti

Durante la celebrazione della Giornata della Memoria il campese Elio Mazzei racconta come è sopravvissuto due anni nel campo di prigionia

Si commuove ad un certo punto Elio Mazzei, quando racconta la sua storia. E fa commuovere ad ascoltarla. Difficile pensare che qualcuno che abbia provato l'inferno in terra possa tornare là con la mente, dove la fame e il freddo erano presenze vive e quotidiane, più vive dei suoi 135 compagni impiccati per aver rubato un tozzo di pane.

Elio è del '21 e la storia, quella Storia, gli ha inciso nell'anima (prima ancora che nella carne) due anni di tortura. Eppure quella storia, la sua storia, l'ha voluta raccontare prima ai bambini delle scuole e poi, nel pomeriggio, davanti alla sala consiliare del Comune piena. Per rendere omaggio a lui e, insieme a lui, per non dimenticare.

Tramandare e ricordare, conservare e raccontare. Sono questi gli imperativi della Giornata della Memoria. Lo ha spiegato bene Lorenzo Lambardi (questa volta la fascia tricolore del sindaco ha lasciato il posto all'accademico) che ha ripercorso i passi legislativi che hanno portato all'istituzione di un giorno nazionale per ricordare i caduti della Shoah. Lambardi ha poi sgranato i motivi che ci devono spingere a non dimenticare e, soprattutto, a non far dimenticare.

Poco dopo è stato lo stesso Mazzei a disegnare le immagini della sua prigionia, con parole e silenzi che sicuramente hanno offerto una versione depotenziata di quel dolore. Perchè noi non siamo abituati a comprendere come possa essere stato, perchè certe cose sono difficili da immaginare. O concepire.