Sport

Elba Rugby, sport e comunità

Alla scoperta di una realtà sportiva dove la parola "gruppo" è fondamentale. Fra volontariato, placcaggi e terzo tempo obbligatorio

Mas que un club. Così si presenta il Barcellona, la squadra di Messi: più di un club. Ecco, per l'Elba Rugby, potrebbe valere lo stesso. Perchè la parte sportiva, quella fatta di fango e sudore per conquistare la palla ovale, sembra essere solo una delle anime di questa società. Al centro, come ci spiega Francesco Bagnato, c'è il gruppo. Sempre. Che sul campo invocano urlando "sostegno" ma che, fuori dal prato, significa aggregazione e volontariato.

Il volontariato è quello che fanno gli istruttori, una quindicina in totale, per allenare le otto squadre della società (U6, U8, U10, U12, U14, U16, U18 e Femminile), volontariato è quello che fanno i genitori per seguire le trasferte delle squadre e dare una mano nella gestione della società. E volontariato è quello che fa la società stessa con un progetto in collaborazione con il carcere di Porto Azzurro per aiutare il reintegro nella società di chi si dimostra meritevole.

Sono più di duecento i ragazzi che ruotano nelle varie rappresentative e molti sono i genitori che insieme a loro si mettono a disposizione per dare una mano nell'organizzazione e nella gestione. 

"Quando vedo giocare i ragazzi, racconta Bagnato che di verde-blu ha fatto vestire il figlio - mi viene il rimpianto di non averlo fatto anche io da giovane, perchè è uno sport bellissimo che insegna tanto".

E qui si torna al concetto di gruppo: "I ragazzi si uniscono subito e diventano amici anche fuori dal campo e lo rimangono quando smettono di giocare. Stessa cosa succede fra noi genitori: diamo una mano e si crea una grande sintonia".

Una testimonianza la da anche Sonia Scagliotti (il campo è intitolato a suo fratello Andrea, o "Iuba", perchè ci tiene): "Voglio subito sfatare il mito che questo sia uno sport violento. Io ho portato qui mio figlio a quattro anni e non si è mai fatto male giocando. Anzi spesso capita che i ragazzi si facciano male fuori ma qui sono seguiti e preparati".

Gli allenamenti sono tre volte a settimana per ogni squadra, il campo non è mai deserto: "E poi ci sono le trasferte che viviamo da veri tifosi - racconta Sonia - ai nostri figli piace vederci sugli spalti, si crea un bel rapporto con loro perchè vedono che condividiamo qualcosa".

Il sogno è entrare nelle scuole: "Già adesso possiamo fare qualche giornata grazie ad un progetto del Coni - racconta Francesco - ma sarebbe bello poter mettere insieme un'attività continuativa e chi lo sa, magari creare una squadra scolastica".

Mas que un club, appunto.