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Attualità mercoledì 01 giugno 2016 ore 10:00

Il Parco sia orgoglio e risorsa dell'arcipelago

Dopo vent'anni resta vitale comunicare l'importanza di una zona protetta e che esige rispetto e tutela da parte di turisti e residenti



PORTOFERRAIO — "Archeologi, naturalisti e geologi non parlano soltanto fra sé ma hanno un rapporto molto stretto con agricoltori e vitivinicoltori elbani (fra i quali Antonio Arrighi) ... Credo che il Parco del prossimo ventennio dovrà sempre più e sempre meglio governare e orientare questi processi. Le tutele, nelle loro diverse forme (ambientale, storico-archeologica, culturale), passano anche attraverso il consolidamento delle consapevolezze culturali della comunità. Anche se i momenti difficili ci sono stati e nulla si fa da sé, il PNAT è una realtà coerente e radicata oggi nella comunità dei cittadini. E’ un’opportunità con la quale dialogare fruttuosamente". 

Con queste parole termina il contributo dell'archeologo Franco Cambi circa il ventennale della nascita del Parco (il suo scritto integrale è ospitato nel blog "Archeologia e dintorni") e si accoda ai molti altri che in questi giorni hanno affollato le colonne dei giornali e dei siti d'informazione, dal primo presidente Tanelli, passando per il sindaco Barbetti all'attuale presidente Giampiero Sammuri.

L'occasione del compleanno del Parco è stata poi sublimata dalla scoperta, davvero eccezionale, di una necropoli risalente al neolitco sull'isola di Pianosa, in pieno territorio protetto e alla cui rivelazione ha contribuito finanziariamente lo stesso Pnat.

Questa serie di eventi e suggestioni offre quindi lo spunto per una riflessione ulteriore e porta quindi a chiedersi, ora che il Parco è diventato grande, cosa debba fare per diventare adulto. Se infatti i primi vent'anni di vita sono serviti a portare l'istituzione al punto da incidere in maniera così determinante nella vita dell'isola, i prossimi vent'anni saranno fondamentali per definire il ruolo e il peso delle scelte da compiere.

Il Parco dell'Arcipelago, che per estensione è il più grande parco marino del mediterraneo, deve ora diventare promotore e fonte di promozione, deve uscire dall'alveo della mera conservazione dell'esistente (opera certamente vitale) per approdare a una rilevanza ancora maggiore: in parole povere deve essere chiaro, al momento dell'imbarco per una qualsiasi delle isole dell'arcipelago, Elba in primis, che si sta entrando in una zona protetta e che è protetta per una serie di ragioni che vanno oltre la specie naturalistica in sè ma che abbracciano storia, tradizione, cultura.

Non basta un solo infopoint a Portoferraio, così come non sono sufficienti i cartelli su alcune spiagge elbane, serve di più e serve, per questo, la collaborazione delle amministrazioni che devono prendere coscienza di un limite nella cura del territorio (gli esempi sono sotto gli occhi di tutti). Ci sono voluti vent'anni per convincere gli elbani che il Parco era una cosa buona, ora bisogna convincere gli altri che all'Elba ci vengono per poi andarsene.

Dal '96 e nei primi anni che ne seguirono il Parco infatti non ebbe vita facile: si imponeva dall'alto un ente gestore di gran parte del territorio dell'isola a un'insieme di isolani che diversi anni dopo dimostrarono chiaramente che di una guida unica non ne volevano sapere. Furono non pochi gli scontri e i malumori, alcuni dei quali durano ancora oggi. E' stata necessaria un'opera di investimento importante per farsi accettare e non tutto è ancora risolto. Una spinta importante è arrivata con il restauro del castello del Volterraio, un lavoro che ha impegnato il Parco per un milione di euro e che ha restituito all'Elba uno dei siti archeologici più amati.

Ecco quindi che, anche con Pianosa, si chiude un cerchio: il Parco ha, direttamente o indirettamente, contribuito a ridare vita a luoghi importanti e che possono rappresentare una spinta decisiva per l'industria turistica elbana, per fare quel passo di cui sempre più si sente la necessità verso una destagionalizzazione vera. A latere, ma non meno importante, sul versante orientale si gioca proprio con il Parco una partita vitale per la sopravvivenza di Rio Marina.

L'integrazione fra tutela ecologica, archeologica e sviluppo antropologico diventa quindi ineluttabile e il soggetto predisposto per capacità economica e peso politico pare essere proprio l'ente guidato da Sammuri, le scelte che arriveranno saranno fondamentali per capire il futuro stesso dell'Arcipelago.

Luca Lunedì
© Riproduzione riservata


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