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Attualità sabato 10 dicembre 2016 ore 16:52

Codice Rosa, 60 accessi in tre anni

La dottoressa Angela Giaconi spiega l'attività del Consultorio elbano e avverte: "Manca il recupero di chi commette violenza"



PORTOFERRAIO — E' l'ultimo tassello che completa la rete di assistenza nei casi di violenza di genere. Insieme al centro di ascolto, alle forze dell'ordine e ai legali, il Consultorio agisce, in sinergia con gli altri, per assistere e guidare le vittime di violenza domestica, abusi e maltrattamenti.

Ubicato al quarto piano dell'ospedale di Portoferraio, il Consultorio svolge attività di consulenza sia giovanile che familiare e le due dottoresse che lo hanno in carico vengono interpellate anche nei casi in cui si attiva il protocollo del Codice Rosa, quando cioè, le vittime di abusi vengono intercettate dal sistema sanitario.

Casi in diminuzione da tre anni a questa parte ma ancora spia di un fenomeno persistente con 23 casi nel 2014, 19 nel 2015 e 18 nel 2016. A questi vanno sommati gli interventi di consulenza familiare come nei casi di separazioni e assistenza ai minori.

"Non necessariamente rivolgersi al Consultorio porta all'attivazione di un percorso che sfocia nella denuncia - spiega Giaconi - noi offriamo una consulenza che può essere accompagnata da un legale per il gratuito patrocinio e più in generale possiamo accompagnare la donna durante il processo dell'eventuale separazione".

Ma cosa scatta nella mente di una donna vittima di abusi? "C'è il mito della famiglia che viene distrutto - risponde la dottoressa - quello che magari una donna ha coltivato per anni e a quel punto subentra la perdita di fiducia in se stessa e nei propri mezzi".

Il problema maggiore, e più comune, è costituito dalla presenza dei figli. Se nei casi di violenza sui minori la denuncia è automatica e si attiva il tribunale dei minori, quando i figli sono la terza parte di un rapporto violento: "Si tende a tacere per proteggerli ma è un grave errore, così facendo si causano danni gravi al comportamento e alla psiche".

E' da sfatare anche il mito dell'allontanamento dei figli dalla madre: "E' una possibilità ma non capita nella maggior parte dei casi: in prima battuta possono intervenire i Comuni fornendo un alloggio temporaneo, noi possiamo organizzare degli incontri assistiti fra i figli e il padre e i servizi sociali intervengono con una figura di sostegno".

Se molto già fanno gli enti preposti, ancora di più può fare la società fuori dalle mura dell'ospedale: "Serve sviluppare le figure sentinella: insegnanti, medici di base, la rete sociale che in realtà piccole come quelle elbane possono essere efficaci e far intervenire chi di dovere".

Il Codice Rosa è stato da oggi allargato a tutta la Regione in una rete che collega e coordina tutte le forze che all'interno del servizio sanitario toscano lavorano per offrire alle persone vittime di violenza e abusi un aiuto pronto e tempestivo, articolato e complesso, attraverso sicure e precise sinergie tra strutture ospedaliere e servizi territoriali.

La istituisce una delibera presentata dall'assessore al diritto alla salute e al sociale Stefania Saccardi e approvata nel corso dell'ultima seduta di giunta. Per il funzionamento della Rete per l'anno 2017, la Regione ha destinato 150.000 euro: 100.000 da assegnare alle aziende sanitarie e 50.000 per la realizzazione di attività formative.

"Perché una donna non venga poi abbandonata una volta uscita dal pronto soccorso - dice Stefania Saccardi, assessore al diritto alla salute e al sociale - abbiamo voluto una forte integrazione tra le politiche sanitarie e quelle sociali, per assistere anche sul piano sociale e psicologico le persone vittime di violenza che si sono presentate al pronto soccorso".

Luca Lunedì
© Riproduzione riservata


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