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Cronaca lunedì 14 luglio 2014 ore 00:38

Aiuti anche ai malati "incurabili" al tempo degli Asburgo Lorena

Veduta di Portoferraio

Lo racconta a Quinewselba Marcello Camici



PORTOFERRAIO — La sanità ha mille sfaccettature. Lo sapevano bene nel 1800, al tempo degli Asburgo Lorena, visto che anche all'Elba avevano predisposto una serie di regolamenti che dovevano servire a gestire malati e luoghi d'accoglienza sanitaria. Si pensava a tutto, anche ai meno abbienti, come testimonia l'archivio storico di Portoferraio, sul quale lo studioso elbano Marcello Camici ha condotto alcune ricerche. Leggiamo insieme di cosa si tratta 

"Per essere curati,assistiti dentro un ospedale degli Infermi granducale il requisito richiesto era che la malattia fosse curabile.

Se questa era ritenuta incurabile non era possibile in alcun modo essere ammessi dentro l’ospedale.

I malati incurabili dovevano restare al proprio domicilio ed ivi essere assistiti e curati dai familiari.

Ma non erano abbandonati dalla loro comunità.In una circolare del 1818 inviata dal Soprassindaco Provveditore dell’Imperiale e Regio Uffizio dei Fossi di Pisa al Cancelliere Comunitativo di Portoferraio, si capisce molto bene che la Magistratura Comunitativa poteva intervenire su chi era affetto da malattia incurabile con aiuti di natura economica anche se... .. pare che non mancassero abusi

“N° 1446. Ecc.mo Signore
Sta bene che a forma della Deliberazione di codesta Magistratura Comunitativa de 26 caduto venga accordato ai Malati incurabili Cristino Lapi e Gio Batta Marcaccini un servizio di Lire tre.6.8 al primo
e Lire sei.13.4 al secondo,onde siano assistiti al loro domicilio invece di passare allo Spedale ove il loro mantenimento costerebbe assai più:avvertendo per altro d’essere rigorosi in estendere da caso a
caso simili elargizioni potendo facilmente introdursi dei gravi abusi nella qualità degli individui che ne profiterebbero,tanto più che la semplice Malattia Cronica della Gambe non dovrebbe per la natura di codesto Spedale esservi ammessi.

E con distinta stima mi confermo.Di VS Ecc.ma
Pisa. Dall’I. e R. Uffizio dei Fossi 7 dicembre 1818. Dev.mo Ser.re G. Mecherini” (Corrispondenza con Uffizio Fossi di Pisa dal 1817 al 1818.C65.Carta 470.ASCP)

Invece,se il Malato era ritenuto curabile, la riforma sanitaria della sanità pubblica granducale emanata nel 1818 sotto forma di “massime ed istruzioni” ne ammetteva il ricovero dentro l’ospedale degli Infermi dopo
un rigoroso filtro d’ammissione che si fondava sulla documentazione del postulante l’ammissione della sua appartenenza ad una di queste tre fasce sociali:miserabile,povero,potente a pagare.

Presentando questa documentazione poteva “accordarsi asilo” dentro l’ospedale sempre che la malattia di cui si era affetti fosse ritenuta curabile.

Era talmente importante questo attestato di appartenenza ad una classe sociale che esistevano moduli già scritti,pre-stampati,in possesso delle Magistrature Comunitative del Granducato.

Tali moduli dovevano essere compilati e sottoscritti da chi di competenza.

Per l’attestato di “miserabile”(letto gratuito) e di “povero”(letto semi-pagante)erano competenti il Parroco col Gonfaloniere il Vicario,Commissario o Potestà mentre l’appartenenza alla classe “potente a pagare”(letto pagante) era certificazione di competenza del solo Gonfaloniere.

Ecco il modello col quale si era ritenuti meritevoli “di essere ammesso al benefizio di miserabilità” cioè all’assistenza ospedaliera gratuita perché a pagare era la comunità di appartenenza del malato.

“Modello n. 1 ATTESTATO DI MISERABILITA’
Attestasi da me sottoscritto Parroco della chiesa.....nella Comunità di .....qualmente N.N. di professione....abitante nella predetta mia Cura ed i suoi congiunti che per disposizioni delle Leggi Civili sarebber obbligati a prestare al medesimo gl’alimenti,sono tutti costituiti in stato tale di assoluta miseria da non poter in modo alcuno supplire neppure al parziale rimborso delle spese di spedalità che potranno occorrere per detto..... nell’attuale sua malattia;dimodochè lo reputo meritevole di essere ammesso al benefizio dei miserabili,cioè di godere di alcuno dei letti gratuiti esistenti negli Spedali del Gran-Ducato; e nel caso che questi si trovassero preventivamente occupati ,di esservi mantenuto a spese di pii benefattori o della Comunità. 

Ed una tale dichiarazione e certificato io confermo per vero sotto la mia garanzia e personale responsabilità,a forma del par. 19 della Istruzioni approvate con Veneratissimo Dispaccio di S.A.I. e R. del 17 febbraio 1818,ed in fede mi sottoscrivo N.N. Parroco
Visto per conferma del concorso delle prenarrate circostanze
Il Gonfaloniere della Comunità di .....
N.N.
Visto per l’oggetto che sopra
Il Vicario,Potestà o Commissario
N.N.
Nota. I Sigg Parrochi in coerenza di quanto vien prescritto relativamente allo stato civile si compiaceranno
esprimere in questi certificati
1- Il nome e cognome del Padre di quello cui viene rilasciato il certificato
2- Il nome parimente e cognome della Madre da ragazza
3- L’età del richiedente
4- La professione del richiedente
5- Lo stato di celibe,maritato o vedovo del richiedente”
(Circolari e Ordini dal Soprassindaco Provveditore dal 1815 al 1818.C64.Carta 119.ASCP)

Questa nota di fondo pagina del modello pre-stampato sottolinea il ruolo di responsabilità che assume il Parroco nell’assistenza pubblica sanitaria granducale nonché la volontà del legislatore di procedere al riconoscimento di “miserabilità” dopo aver escluso che anche da parte di madre ,di padre,moglie o marito, il richiedente è davvero “miserabile” in quanto nella famiglia non esiste alcuno che possa aiutarlo economicamente. 

Il certificato di miserabilità per divenire operativo e cioè per poter far godere del “benefizio di miserabilità” doveva essere votato con relativo “partito” della Magistratura Comunitativa di pertinenza. 

Questo non era ancora sufficiente nel caso il “partito” avesse avuto esito positivo.

La parola ultima spettava all’Uffizio Fossi di Pisa cui il Cancelliere Comunitativo inviava tale “partito” per la definitiva approvazione.Ecco risposta del Soprassindaco dell’Uffizio Fossi di Pisa al Cancelliere Comunitativo dell’Elba in merito a certificato di miserabilità

“N° 1085 Ecc.mo Signore. Sul proposito della domanda avanzata da Caterina Tonietti vedova del defunto Lorenzo Giannoni di Rio per essere sgravata delle spese occorse per la cura di detto suo Marito attaccato da Tifo Petecchiale valutando moltissimo i di Lei rilievi a favore della Postulante ,desidero che Ella li faccia presenti alla Magistratura di Rio onde in correzione del Partito di 6 luglio ,possa,se crede,portare le spese suddette a carico della Comunità come ha fatto per altri individui Miserabili.E ritornandole a tale effetto la memoria predetta e Certificato annesso,che Ella mi aveva respinto con la pregiatissima sua dei 5 andante,mi confermo con la solita distinta stima.

Di VS Ecc.ma Pisa dall’I.e R. Uffizio dei Fossi 16 settembre 1818.
Dev.mo Serv.re G. Mecherini” (Corrispondenza con Uffizio Fossi di Pisa dal 1817 al 1818.C65.Carta 422.ASCP)

Si tratta qui di una Postulante “il benefizio di miserabilità” la quale aveva ricevuto parere negativo dalla Magistratura di Rio ma che grazie ai “rilievi a favore della Postulante”prodotti dal cancelliere Comunitativo,
ottiene dall’Imperiale e Regio Uffizio dei Fossi di Pisa la possibilità di “essere sgravata delle spese occorse per la cura di detto suo Marito”.

Ottenere il” benefizio di miserabilità” significava anche poter beneficiare della distribuzione gratuita di zuppe da parte della Magistratura, di cui ho già parlato.

Marcello Camici
ASCP.Archivio storico comune Portoferraio


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